Prendere il
largo, sul barcone da pesca, è uno stralunato modo di alleviare il dolore. Quando si
stende a prua e guarda le tenebre, il corpo di Raul si disfa, la mente si protende e lui
si percepisce come una dilatata prolunga di quello spazio infinito. La sua infelicità
labbandona e si sente pieno, rapito.
Perchè mi hai lasciato? Perche? sussurra alla luna, la pallida luna che
ammalia i poeti.
Seduttrice assassina.
Perfida circe.
Malvagia incantatrice di serpi.
Ma lama ancora. Lamerà sempre. La segue ogni sera. Ha un altro.
La odia. Oggi lha vista per lennesima volta, rientrare a notte fonda. È con
laltro. Un bacio sulla bocca, un Ciao, a presto, un Buonanotte,
amore, poi laltro se ne và.
Lui laspetta, nascosto. Adesso sono soli.
«No! Raul ti prego, no, no...» urla.
Il grido si smorza.
Il barcone scorre sul porto canale, si allontana velocemente.
Lacqua luccica, al pari di mille frammenti di specchi. Le distese di case, scure
come la notte, sono ormai alle spalle.
Giunto al largo, il barcone si ferma.
La rete sale e scende, vicina e lontana.
Raul si sporge. Eccola! È lei. Le pare di vederla, riflessa nella scia di luce che
proietta la luna.
Capelli biondi, il bel viso stravolto.
Immagini si affollano, lo incalzano e lo straziano.
Era tutto per lui. Sarai mia o di nessun altro. Le mani strette sul collo, il
corpo si affloscia. Estasi pura, ebbrezza esaltata. È morta.
Lacqua è grigia, un colore scuro e forte che riflette la sua amarezza, un mantello
nero che a poco a poco lavvolge, metafora simbolica che fonde gli umori e geme, si
infiltra, si spande e cola.
È un mantello adeguato, come si deve, come si conviene.
Si lancia, lo fende, si immerge.
È perfetto e laccoglie.