La caccia

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Rocco si alzò faticosamente. Vedeva triplo e nelle sue narici l'odore del vomito si mischiava a fango che si mischiava a LSD. Cristo che giornataccia. Anzi, che nottataccia. Si era perso nel bosco, il posteriore era diventato un cubo di ghiaccio e adesso desiderava perfino di essere a scuola. Una luna obliqua e sghignazzante lo sfotteva cinicamente dal firmamento. Del lupo mannaro neanche l'ombra. Mosse alcuni passi incerti, poi ruttò e vomitò su una quercia; ma neanche un tranquillante per cavalli gli impedì di udire un sommesso rumore in lontananza. Rimase ad ascoltare per un paio di minuti. Si faceva sempre più forte. Sembrava un ululato; anzi no, tanti ululati. Rocco si ricordò di non avere il fucile ed infranse ogni regola della cristianità: era praticamente morto. Forse non si trattava di un solo esemplare ma un intero branco; forse un centinaio... fuga impossibile...

Mentre la voce animale si faceva assordante una lacrimuccia si formò sulla sua guancia, al pensiero che sarebbe deceduto senza aver mai posseduto un motorino; quando aveva letto della taglia sul lupo mannaro se l’era già immaginato davanti a sé, il motorino mica il lupo, con un fiocco rosso luccicante e le ragazze che lo guardavano a bocca aperta. Ma forse non era stata un’ottima idea abbandonarsi alle droghe sintetiche prima della spedizione.
Si sedette sull'erba tentando di non pensare a niente. Aspettava solamente con le labbra tremolanti. Fu così che accadde. Dovevano essere almeno una ventina, di tutte le dimensioni: licantropi in fila indiana. Rocco prese a recitare il rosario ma si interruppe all’improvviso, incapace di muovere un muscolo. Sbalordito realizzò la sua sistemazione: all’interno di una rete da pesca! Tentò invano di dimenarsi mentre si sentiva sollevare dai più grandi del branco. Quindi ecco due voci gutturali:
"Ce l'abbiamo fatta!"
"Abbiamo preso l'uomo mannaro!"

Emanuele Di Nicola