Sacrifici

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

C'è una casa a Morrington Square, una casa magnifica, regale.
Io l’ho sempre vista così, com’è oggi, col suo bel cartello “vendesi” appeso sul cancello.
Ci sono stati molti acquirenti, ma nessuno è mai uscito da quella casa.
Uscito "vivo" da quella casa.
I loro corpi straziati venivano rinvenuti fuori dall’uscio, avvolti nel sudicio sudario del loro sangue, privi degli organi genitali.
Volevo sapere il perché.

 

Ho spaccato il vetro di una finestra, e i miei piedi hanno toccato le piastrelle polverose di un salotto.
Ad un tratto, un cigolio sommesso ha attirato la mia attenzione, ed ecco il mio volto riflesso nelle vitree iridi di una donna.
Ondate di gelo mi attanagliavano la schiena e dalle mie labbra aride non riuscivano ad uscire le parole.
Il suo volto era un teschio putrescente e il corpo privo di pelle.
Un fiotto di sangue era schizzato dal suo intestino alla mia camicia, insozzandola.
“Sei entrato nel mio tempio e... ho fame... offrimi il sacrificio!”
La sua voce era uscita stridula dalla bocca priva di labbra, mentre mi arrivava alle narici l’odore della morte.
Nella mia mente si stava dipanando il ricordo di una leggenda: la vecchia morta vergine che ritornava per vendicarsi. Nutrendosi.
Non c’era bisogno di chiedere di cosa volesse nutrirsi.
Finalmente, le mie gambe si sono mosse, e io sono schizzato come un fulmine verso l’uscita, sempre conscio di averla addosso.
Ho spalancato la porta, cadendo sul tappeto soffice del prato.

 

Un nuovo cadavere è stato rinvenuto oggi fuori dalla casa.
Sono andato a guardare, mischiandomi tra la folla di curiosi che mi ignorava. Il corpo del poveraccio era stato coperto da un candido telo.

 

Improvvisamente, una folata d’aria l'ha scoperto.
Aveva i miei stessi occhi, il mio stesso viso.
Ero io, e sono morto.

Chiara Guidarini