Era proprio
lui. Li guardava fissi, da sopra le loro teste, dallangolo della stanza.
Il bambino vecchio di Uchizar.
Lavevano visto lì ad Uchizar, nel mezzo della Turchia, alcuni mesi prima durante il
loro viaggio estivo in moto. E da quel momento non li aveva più abbandonati.
Non fisicamente, avevano infatti passato ad Uchizar solo un paio di giorni; ma era
diventato oggetto preferito delle loro battute, dei loro scherzi.
Effettivamente lui si prestava alquanto, con quel suo viso da vecchio incastonato non si
sa come, né per quale scherzo della natura, sul corpo di un bambino di otto anni o poco
più.
Con quellespressione mesta e rassegnata, lo sguardo perso nel vuoto. Mai un sorriso,
mai un gioco, sempre da solo o in mezzo a gente anziana, proprio come lui.
Ne avevano creato subito un personaggio surreale, come erano soliti individuarne uno in
ogni loro viaggio, che non li avrebbe abbandonati mai nei loro racconti e nei loro
ricordi.
Se lo erano immaginato creatura della notte, figlio delle tenebre, ora appollaiato a testa
in giù a dormire su un albero, ora disteso in una cripta o ancora a girovagare al buio in
una delle tante tombe rupestri o città sotterranee che avevano visitato.
Sempre al centro comunque delle loro fantasie, sempre motivo di grandi risate.
E ora era lì, in carne ed ossa. Si librava leggero a mezzaria; la sua ombra si
allungava a dismisura sul pavimento della sala.
Loro lo fissavano impietriti dal terrore. Fissavano quel viso deforme da vecchio, quel
corpo sospeso di bambino.
Sul viso un ghigno malefico, soprannaturale. In pugno un lungo coltello.
Era arrivato finalmente il tempo dei giochi.