Nella
stanza non ci sono luci.
E' giorno? E' notte? Sono cieca?
Clara era totalmente stordita, non ricordava nulla, anche il suo nome le suonava strano.
Era stanca, gli occhi le si chiudevano. Probabilmente era sotto l'effetto di qualche
droga, con la testa leggera e pesante allo stesso tempo. Aveva una vaga sensazione di
nausea, udiva delle voci lontane, ovattate, che non riusciva a distinguere. Poi
all'improvviso una luce accecante. La porta si apriva, e un nuovo corpo si ammassava a
quelli che pensava di aver riconosciuto nell'antro.
Ma era solo un attimo, la luce se ne andava subito.
Doveva fare qualcosa.
Non ne poteva più di quell'immobilismo, di quella non-vita nel buio, in attesa che quella
lama di luce riapparisse per portarsi via un essere urlante, o per gettare dentro un altro
automa senz'anima, rintronato da qualcosa che toglieva la forza, la volontà, la voglia di
esistere.
Ormai era lì da...? Quanto tempo?
Non sapeva assolutamente rispondersi.
Giorni? Settimane? Quanto?
La testa sembrava doverle scoppiare da un momento all'altro, e le cose peggioravano quando
quel lampo di luce nel buio ormai eterno andava a ferire quei poveri occhi vuoti da ogni
forma di spirito. Le poche uscite, ricordava queste mani che la prendevano, la portavano
in quella stanza orribile, quel sangue tatuato sulla parete, quelle urla impossibili da
cancellare.
Aveva letto da qualche parte che l'uomo è l'unico essere al mondo a uccidere i suoi
simili senza un motivo, e si era ritrovata a desiderare spesso che questo fosse il suo
destino immediato.
Non voleva continuare a stare così.
Non è vita, non c'è speranza, non c'è futuro.
Non c'è nulla.
Il nulla è un nero cubo vuoto, con la dannata porta che si apre sull'inferno dei vivi.