Non ero che un bambino di sei anni, ma ricordo l'episodio come se fosse ieri. Eravamo soli, lui ed io. Sgomento, avevo osservato la moneta cadere sotto la mia sedia, ed il tintinnare della sua anima di metallo mi aveva sferzato le orecchie. La vedevo luccicare quella moneta, nonostante lui avesse spento le luci e acceso una misera candela. Non avevo il coraggio di raccoglierla. Ma lui voleva che lo facessi. Sentivo le membra intorpidite, i muscoli fiacchi e la vescica che implorava pietà. Non osavo voltarmi, perché sapevo che lui era dietro di me, con quel suo sorriso gelido e gli occhi sadici spalancati per l'eccitazione. Parlava sottovoce quel maledetto demonio, capivo a stento ciò che diceva, tuttavia il sibilo mi penetrava e strideva nelle orecchie... e non ne voleva uscire... mi faceva girare la testa... e mi sembrava d'impazzire, come se la pressione dell'aria mi stesse schiacciando le tempie; quasi, mi mancava il respiro.
Solo lo scandire della lancetta dell'orologio, i nostri respiri ed il suo bisbiglio si
sollevavano dal silenzio... tremavo, tremavo... lo sapevo... fino a che non mi fossi
chinato lui avrebbe continuato a terrorizzarmi. Non potevo resistere a lungo, o me la
sarei fatta addosso, e non volevo che ciò accadesse. M'aveva assalito un conato di vomito
e lo avevo respinto.
Poi mi sono chinato sotto la sedia... sì, l'ho fatto... e ho preso la moneta... mi
bruciava sul palmo della mano... sembrava un tizzone... il mio ventre palpitava... un
altro conato... e poi, come, ancora chino sotto la sedia, l'avevo guardato, avevo
intravisto i suoi occhi, spalancati e rossi, strabuzzati e lucidi che mi fissavano... la
sua grossa bocca spalancata che ghignava senza emettere un suono... e quei suoi denti
grandi e bianchi, aguzzi, che, io lo sapevo, mi volevano mangiare vivo...