Io sono
nessuno. Il mio nome si è perso nella polvere di questa stanza. Nessuno mi ricorda. Non
ho amici. Non ne ho mai avuti. Ho passato gran parte della mia vita come un fantasma,
invisibile agli occhi delle persone che incontravo camminando per strada. Ora non esco
più. Sono rinchiuso fra queste quattro mura. La porta è chiusa ma io posso aprirla
quando voglio. Lo faccio la notte fonda, per cercare del cibo fra gli avanzi lasciati
dalle persone che abitano con me. La mia famiglia. Io non sono nessuno. Sono rumore nella
notte, infissi che scricchiolano. Non esisto. E molte volte ho fame. Tanta fame da
mangiare le unghie che crescono lunghe e senza cura, tanta fame da mangiare i capelli che
perdo copiosi, la polvere e la forfora, tanta fame da mordere le braccia e succhiare nella
carne viva.
Questa notte ho sentito odore di sugo, pasta al sugo. La saliva mi cola sulla barba e
sugli stracci.
Ho girato la maniglia senza rumore, tradito dai piedi che si appiccicano
sul pavimento e dalle ossa che scricchiolano. Un fantasma! Fisso davanti allo specchio nel
corridoio ho guardato nelle mie occhiaie, nei segni sul viso, nella lanugine incolta e
crespa, nei pochi capelli rimasti e annodati, nella schiena deforme e nello stomaco che
urla. Zitto, zitto! Ho aperto il frigo e le credenze e non ho trovato di meglio da fare
che ferirmi alle braccia. Eppure fiuto nell'aria un odore intenso di pasta appena scolata,
di pecorino e pomodoro rosso. Come un cane rabbioso ho seguito l'odore lungo il corridoio
che non esploravo da anni. Ecco, finalmente, è qui, in questa camera. Una donna dorme
russando e il suo respiro mi attrae. Ecco il mio pasto. Un piatto di pastasciutta.
Ho banchettato fino alla nausea.