Uffa,
questo bambino non mi lascia in pace!
Dovrebbe fare da bravo, è anche più grande di me! Invece mi lancia la sabbia, mi
schizza, ha anche distrutto il mio castello... e sua madre, quella cicciona, non lo sgrida
per niente e continua a leggere il suo giornale.
- Martino, lascia in pace quel bambino... - gli dice, ma poi riabbassa gli occhi.
Lui continua, mi prende in giro perché sto per piangere. Uffa! Perché non se ne sta
tranquillo sotto l'ombrellone?
Adesso basta!
Mi sdraio sull'asciugamano per il riposino.
Voglio fare un sogno.
Sono grande, in questo sogno. Sono tutto vestito di nero, e ho un
cappotto lungo, sempre nero. Ho pure la barba e gli occhiali da sole. Prendo per mano quel
bambino cattivo e lo porto dietro i casotti.
- Ti faccio vedere una cosa bella...
Arriviamo, e lui mi chiede dov'è la cosa che ho promesso di fargli vedere. Gli dico di
guardare lì, in basso. All'improvviso lo prendo per i capelli e gli sbatto la faccia sul
gradino di cemento, tantissime volte.
Non grida neanche, ha smesso di respirare quasi subito. Dalla tasca del cappotto tiro
fuori un bastone con la punta piena di chiodi e comincio a colpirlo, con tutte le mie
forze. Dietro la testa, sulla schiena, sulle gambe. Una signora mi guarda, mentre lo giro
a faccia in su. Mi sorride. Io ricomincio a colpirlo dappertutto.
- Così impari a fare da bravo - gli dico, andandomene.
Mi svegliano delle grida provenienti dai casotti. E' quella cicciona.
- Il mio bambino! Il mio bambino! - urla, sollevando da terra una cosa tutta sporca di
sangue.
Vado ad abbracciare mia madre, sono spaventato.
- Mamma, l'ho fatto di nuovo...
- Lo so, caro... Non l'hai fatto apposta neanche stavolta, vero?
E mi sorride.