<<Mmmh! Sono indubbiamente i più saporiti!>>
L'uomo col camice bianco si portò nuovamente il cucchiaino alla bocca, gli occhi
socchiusi e un leggero sorriso sul volto estasiato, mentre si concedeva l'ennesimo
assaggio di quella che considerava una vera prelibatezza.
La stanza d'ospedale appariva più grigia del solito, e il letto dove egli sedeva sembrava
più vecchio e scalcino che mai. Il neon sopra la sua testa lampeggiava affannosamente,
sopperendo a stento alla mancanza di luce naturale, e il sudiciume sulle pareti sembrava
apparire e scomparire, ora rivelato da un pallido barlume, ora fagocitato dalle ombre.
Il giovane medico, in quel momento, transitava nel corridoio in cerca dell'ascensore più
vicino. Mentre esaminava la cartella del suo ultimo paziente, pensava a quanto fosse
felice che il suo turno fosse finalmente finito. Sarebbe tornato subito a casa, dove una
bella doccia avrebbe lavato via tutti i casini di quella maledetta giornata, avrebbe
cenato con la sua lei e poi probabilmente avrebbero fatto l'amore, o almeno lo sperava.
Speranze...
La prima cosa che vide quando passò davanti alla stanza fu la grossa macchia di sangue
sulla parete, alla sinistra di quello che sarebbe dovuto essere un suo collega. La chiazza
purpurea era un vero e proprio schizzo, la cui raggiera si estendeva dal basso verso
l'alto, coprendo quasi tutto il muro.
Il pavimento era cosparso di liquido vascolare, il cui riflesso si accendeva all'unisono
con la luce difettosa della stanza, e le gambe della donna giacevano sulla pozza, che si
incanalava tra le mattonelle consumate creando macabri disegni vermigli.
Il viso del giovane era pietrificato dal terrore.
Lei aveva una sessantina d'anni, magra; ciò che ne rimaneva era un cadavere insanguinato,
un volto deformato dall'orrore.
Il cranio scoperchiato.
Il cucchiaino vi affondò nuovamente.
<<Aaah! Quelli col tumore... sono i migliori!>>