Scie
azzurre sul mare viola.
Eleva mani al cielo e vento ingarbuglia le sue chiome. Sta precipitando tra risate nella
testa...
Si sveglia.
Sudore freddo. Lacrime asciutte a tenderle la pelle. Mani tremule a cercare un bicchiere.
Un fottuto bicchiere.
È solo un altro giorno.
Guarda gocce scure sul pavimento. Schiamazzi confusi nella mente. Siede sul letto. Mani
tra le ginocchia. Occhi cupi. Agitazione. Drizza lo sguardo dinanzi a sé trasportata da
visioni. Ancora freddo. Ancora pioggia. Ancora vuoti.
Il computer emette luce rossa a colorarle le pallide gote.
Ricorda.
Guarda i suoi palmi e vede macchie nere. Si specchia scorgendo tagli sulle labbra. Piume a
cadere, giorni a passare. Ragni pelosi compiaciuti camminano nei suoi pensieri. Si stringe
le tempie in cerca di sollievo e mille cori si levano.
Nellangolo, privato, regna il
ragno e la sua prole. Seduti al banchetto delle mosche.
Affranta. Impotente. Scorge il ragno con il suo incedere pressante, la sua sagoma
vellutata, il nero dei suoi occhi. Spalanca la finestra in cerca daria. Soffoca. Le
fanno male gli occhi. Bruciano in preda alle fiamme. Sente ribrezzo e rabbia.
Precipita.
Ripensa al sogno. Crolla davvero, adesso. Ride. Ride. Ride. Sono istanti lunghi anni.
Colori cangianti dal verde al nero nella discesa frenetica. Li osserva stregata mentre
rotea in un vortice di vento.
Asfalto.
Suolo rosso. Occhi intatti nelle macerie del suo volto. Mirano il sovrastante. Vitrei.
Sono Adele Patrizia. Di solito dico solo il nome. Necessita altro?