Si sporse
troppo e un senso di vertigine gli fece perdere lequilibrio.
Cadde giù nel pozzo con un urlo lacerante amplificato dalleco.
Fu un tuffo interminabile e doloroso, con urti abrasivi lungo le pareti disseminate di
pietre aguzze.
Sprofondò nellacqua nera con un tonfo pieno e quei momenti dapnea, nel mentre
che risaliva in superficie, indolenzito, gli parvero senza fine.
Gli bruciavano gli occhi e la pelle, ed avvertiva un curioso odore dacido con una
spiacevole sensazione di corrosione.
Guardò in cima allimboccatura del pozzo, alla luce, strizzando gli occhi, ed
evidenziò qualche sporgenza nel cunicolo: decise di issarsi su prudentemente.
Non fece caso ad un luccicare nerastro e bruno lungo il condotto del pozzo.
Quando appoggiò una mano su una parete, per saggiare la presa, ebbe una puntura
lancinante che lo riprecipitò in acqua.
Scolopendre: lucidi neri centopiedi velenosi, urticanti e viscidi.
La mano gonfiò subito tambureggiando fitte sorde che traforavano il cervello.
Urlò isterico in incipiente panico.
Ebbe poi unaltra inquietante impressione: che le pareti del pozzo si muovessero.
Razionalizzò il fenomeno come unillusione ottica dovuta alle migliaia di chilopodi
brulicanti lungo il tunnel.
Si ricredette presto.
Lacqua acida aveva strani riflussi che cercavano di tirarlo a fondo e il cono di
luce in cima a volte sembrava scomparire come per un restringimento delle pareti anguste.
Gli venne in mente una parola: peristalsi.
Impazzì di paura invocando aiuto, tenendosi a galla con movimenti scomposti e frenetici.
Il pozzo, in effetti, vivo, deglutì ancora una volta tirando giù nellacqua
centinaia di vermi.
Luomo non poteva sapere che la sua carne, ora frollata dalla paura, risultava più
tenera e appetitosa.
Fu risucchiato in fondo nellacqua ribollente, terrorizzato, carico
dadrenalina, e perse conoscenza in una morte ambigua: forse annegato, forse
divorato, forse ancora direttamente digerito da un pozzo vivo e famelico.