Metempsicosi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

Tornavo a casa.
Percorrevo le contorte strade della costiera. Mi avevano raccomandato di andare piano; nonostante avessi bevuto poco, sapevano che bastava una piccola distrazione e l’auto sarebbe precipitata giù tra le rocce che finivano rapide a mare.
Si preoccupavano. Erano molto cari.
Il cielo quella notte era di un blu chiarissimo: merito della morbida luce lunare che mi rivelava il paesaggio; i suoi raggi si riflettevano addirittura sul portachiavi metallico che come un pendolo ancorato al cruscotto, si animava ad ogni curva. Era un regalo che avevo avuto da piccolo, un modesto ricordo di un caro zio ormai defunto.
La festa era stata piacevole. Avevamo ricordato, come facevamo ogni tanto, tutte le avventure vissute insieme: le giornate trascorse nell’allegra incoscienza della giovinezza; le paure condivise negli anni della formazione.
Avevamo discusso delle nostre letture preferite e, con una punta di orgoglio, avevamo parlato dei nostri successi professionali, grazie ai quali ci eravamo costruiti una vita lontana dal <<solito e monotono grigiore borghese>>, espressione un pò ingenua e romanzesca che usavamo per definire tutto ciò da cui eravamo sempre fuggiti.

La strada scorreva morbidamente. Io mi cullavo nei dolci ricordi appena condivisi.
La nera montagna mi scorreva a fianco; l’auto si insinuava tra le curve. I guizzi argentati della luna animavano prima uno spuntone di roccia, poi un cespuglio troppo rigoglioso; e io mi facevo incantare da quella danza degli spiriti.
La luna mi era di fronte, lucente, sfavillante. Con un balzo cercai di afferrarla. La sua figura mi veniva incontro e si ingrandiva a dismisura. Quasi non sentivo più le lamiere contorcersi e divorarmi. Urlai e chiusi gli occhi.
Mi risvegliai donna. Le coperte mi avvolgevano fin quasi a stritolarmi. Sentii la voce di mia madre salvarmi da quel brutto sogno. Era tardi. La scuola mi aspettava...

Antonio Voto