Giorni di
ventitré ore, trentasei minuti e cinquantasette secondi, periodo di rivoluzione di soli
dodici minuti inferiore a quello terrestre. Il pianeta si stagliava sotto la nave,
l'emozione vibrava negli sguardi e nei gesti di tutti i presenti. Infine erano giunti: un
mondo nuovo, tutto per loro.
Anche lui lo osservava. In disparte, come era stato per tutto il viaggio.
Anni prima era ricercato in tutto il mondo. Più generazioni si erano
affannate per scoprire la sua identità, per acciuffarlo. Quante volte gli avevano teso
agguati, preparato trappole; un sorriso gli affiorò alle labbra a quel ricordo: quelli
che si ritenevano più forti, più scaltri, immancabilmente convinti che loro non
avrebbero fallito.
Erano fiorite le storie sul suo conto, qualcuno ne aveva presto fatto una leggenda, altri
un simbolo di ciò che lui non era e non voleva essere, addirittura dei libri avevano
raccontato le sue gesta. Ciononostante aveva continuato ancora per molto tempo, e in
effetti non aveva mai smesso del tutto. Pochissime volte lo avevano colto in flagrante ed
era sempre riuscito a cavarsela senza grandi difficoltà.
Un uomo vecchio, grasso, con abiti rammendati e sporchi, la barba
incolta; pochi avevano avuto voglia di soffermarsi a parlare con lui, e quei pochi avevano
desistito presto.
C'era stato quell'episodio, il guasto, una cosa seria davvero: alla deriva nel vuoto
cosmico. Era intervenuto, aveva consigliato qualche ingegnere, aiutato i tecnici... e la
nave aveva ripreso il suo volo. Qualcuno aveva addirittura gridato al miracolo, la storia
si era diffusa, gli avevano anche chiesto di fare un discorso. Lui si era sminuito, aveva
rifiutato le offerte, aveva attribuito ad altri il merito; e gli altri erano stati pronti
a prenderselo. Alcuni operai che lo avevano visto al lavoro continuavano a offrirgli da
bere, nient'altro era cambiato. Un derelitto, uno dei tanti disperati che affollavano la
nave, uno di quelli che a lasciare la Terra non avevano avuto nulla da perdere.
I più dovevano aver a malapena notato la sua presenza in tutti quei mesi di viaggio.
Un bambino, cinque anni, gridava eccitato pochi metri più in là.
Avrebbe voluto avvicinarlo, come aveva fatto tante volte in passato. Un impulso che aveva
sentito più e più volte durante la traversata. Lo sguardo sospettoso della madre lo
stava fissando: rispose con un bonario, largo, sorriso. La donna si stava già
allontanando tra le proteste e gli strilli del piccolo.
Un impulso che avrebbe dovuto trattenere ancora per poco.
Era passato inosservato perché così aveva voluto, ma presto avrebbe dovuto agire, presto avrebbero saputo. Le cose sarebbero tornate come erano state sulla Terra.
I sistemi di vigilanza sarebbero stati elevati attorno al campo base, ma quelli di ricerca e di controllo sarebbero rimasti piuttosto limitati per molto tempo, così l'applicazione della legge, così l'informazione. Il pianeta era grande, per lo più selvaggio, pieno di posti dove poter stare in pace. Di posti dove nascondersi, anche in futuro.
Profughi, reietti, disadattati, quel genere di persone era in effetti
quello di cui si occupava più di frequente. Avventurieri, disperati, uomini disposti a
sacrificare ogni cosa per i loro sogni. Proprio il suo genere.
Non c'erano molti bambini, naturalmente, ma sarebbero arrivati, arrivavano sempre. I
bambini erano i suoi preferiti, ma non gli unici verso cui rivolgesse le sue attenzioni;
alla fine l'età contava relativamente.
Nulla da perdere...
Aveva sofferto nel lasciare la Terra, a suo modo l'amava, profondamente. Non gradiva quel
sistema nel quale tutto era in vendita, dove ognuno era convinto di non possedere
abbastanza, di volere di più. Ognuno aveva secondo il suo patrimonio, anziché secondo i
suoi meriti e i suoi desideri. E tutti erano infelici.
Lui conosceva i loro più intimi desideri. Lui sapeva che cosa meritavano e, nel suo
piccolo, lo dispensava.
***
Osservò il campo base ancora una volta: avevano lavorato sodo in quei
giorni, ma ne era valsa la pena. Le strutture fondamentali erano in piedi, l'alone di luce
artificiale le separava dal nero della notte.
Era giunto il momento di andare. Agiva sempre la notte della nascita di Nostro Signore; le
tradizioni, i riti erano importanti per lui.
La navetta esplorativa si sollevò silenziosa al suo comando, volando incontro ai primi
fiocchi di neve. Tre giorni al Santo Natale.
Per quell'anno avrebbe dovuto arrangiarsi con quello che aveva.
Ce l'avrebbe fatta, erano in pochi.
Il veicolo schizzò via veloce. Babbo Natale sorrise tra sé.
Sì, quel mondo aveva bisogno di lui.
Sono nato nel 1977, all'esatta metà dell'anno (scoperta di straordinaria importanza fatta molti anni più tardi, giocando a Trivial Pursuit). Amo il gioco in tutte le sue forme e non m'azzardo a chiamare gioco l'azzardo. Faccio parte di un'associazione torinese che si occupa della diffusione e dell'organizzazione di eventi legati al gioco di ruolo e al 'gioco intelligente' in generale. Ogni tanto, colto da raptus improvvisi, sono costretto a scarabocchiare quelle che sono in genere le idee per un racconto. Sfortunatamente (per le mie velleità letterarie, fortunatamente per il resto del mondo) la maggior parte di questi sicuri capolavori è destinata ad andare perduta: la mia grafia è così brutta che dopo un po' (ovvero appena non ricordo più a memoria quel che ho scritto) non riesco a leggerla neanch'io. Ho avviato una campagna per la rivalutazione degli asini.