Daniel
aveva deciso. Dopo lunghi momenti di riflessione, paure e continui ripensamenti, era
giunto alla conclusione di aver fatto la scelta più giusta. Non aveva alternative, lo
sapeva bene, non c'era altro rimedio...
Con molta cura decise cosa indossare, doveva essere perfetto per l'occasione. Si diresse
in bagno e afferrato il tubetto del gel modellante, se ne spruzzò una quantità generosa
sul palmo della mano, prima di passarsela tra i capelli. In tanti gli avevano fatto notare
che quell'acconciatura ad effetto bagnato gli stava davvero niente male e lui
ora voleva accontentarli tutti, tutti...
Diede un'ultima occhiata allo specchio e l'immagine che vide riflessa gli piacque, più di
ogni altra volta, era forse quella luce di entusiasmo che gli brillava negli occhi quel
pomeriggio a renderlo tanto bello, chissà.
Uscì di casa di lì a poco, il passo deciso in una determinata direzione, verso il
palazzo dei congressi. Più di una volta ci era passato davanti e ad ogni occhiata lo
aveva reputato perfetto, ogni volta con maggiore convinzione.
Il palazzo si affacciava su Piazza del Carmine, la piazza principale della città, intorno
alla quale si stendevano numerosi negozi di ogni genere: boutiques, gioiellerie,
pinacoteche e molto altro ancora.
Poco distante dalla piazza c'era un bar, il più importante della zona, sempre brulicante
di persone di ogni età e sesso.
Daniel diede un'occhiata fugace alla piazza, prima di imboccare spedito l'entrata del
palazzo. Tutto era perfetto come si era immaginato.
Entrò in ascensore e convinto pigiò l'ultimo bottone della fila alla sua destra.
In pochi minuti fu fuori, si diresse emozionato verso un lungo corridoio, male illuminato,
al termine del quale si trovava una porta, chiusa. In pochi secondi Daniel le fu davanti,
estrasse dalla tasca un piccolo coltellino che gli servì a forzare la debole serratura e
improvvisamente la porta si aprì.
Una folata di vento gli colpì il volto, reso leggermente umido dall'ansia che quel
momento di tensione gli stava procurando.
Emise un lungo sospiro, si segnò il petto con la croce e cominciò a correre, terminando
il suo percorso con un balzo verso il vuoto.
Nove:
Perdonami mamma per il dolore che ti sto procurando ma non potevo, non potevo fare
diversamente.
Otto:
Mi manca il respiro, mi sento venir meno, ma devo, devo resistere ancora...
Sette:
Lisa, perché l'hai fatto, perché mi hai tradito con quell'individuo rozzo e arrogante?
Dicevi di amarmi, che lo avresti fatto per sempre...
Sei:
Pezzo di merda, hai circuito mia moglie, hai approfittato della mia assenza per
condizionarla, per raggiungere il tuo scopo.
Cinque:
Mio Dio manca poco ormai.
Quattro:
Forse non avrei dovuto, ho paura...
Tre:
Ormai non posso tornare indietro ci siamo quasi.
Due:
Era la cosa più giusta, non potevo continuare da solo, non potevo...
Uno:
Lisa, Lisa...
Il ricordo della moglie lo accolse in un ultimo abbraccio, mentre ormai l'oblio cadeva sul
corpo esanime del povero Daniel.
Oh mio Dio, un uomo è precipitato dal terrazzo di quel
palazzo urlò una signora che passeggiava poco distante dal punto in cui il corpo di
Daniel era andato a schiantarsi.
Una ragazzina che aveva visto tutto cominciò a piangere e ad urlare istericamente. Ben
presto si creò un crocchio di persone.
È stato un incidente? chiedeva qualcuno.
Mio Dio che disgrazia, era così giovane diceva qualcun altro.
Le sirene dell'autoambulanza coprirono quel fiume di parole.
Di lì a poco arrivò anche la polizia.
State lontani! State lontani! intimava il giovane poliziotto.
Gli infermieri erano pronti con la lettiga, uno di essi si chinò sul corpo di Daniel
rimasto miracolosamente inalterato, solo la pozza di sangue che si andava espandendo
all'altezza della testa lasciava comprendere la terribile conseguenza del volo.
L'infermiere rivolto al poliziotto scosse lentamente la testa.
Non c'è più niente da fare, è morto
Il poliziotto gli si avvicinò, stava per dare l'ordine di coprire il cadavere quando si
accorse che dalla tasca della giacca gli sporgeva il lembo di una busta bianca.
Un momento, aspettatedisse infine.
Si chinò sul corpo inerte, in un rispettoso silenzio e, con la massima cura, sfilò la
busta. Era aperta, all'interno un foglio datato quello stesso giorno, una sorta di
confessione o estremo saluto probabilmente.
Aveva premeditato tutto pensò il poliziotto.
Cominciò a leggere:
La vita è diventata un peso per me, non ha più senso andare avanti
senza di lei.
L'amavo troppo, avrei fatto qualsiasi cosa per lei.
Lavoravo senza posa per poterle offrire tutto, tutto ciò che una donna potesse
desiderare... Il cuore mi si è fermato quando l'ho vista nuda in quel letto, stretta in
un abbraccio che non era il mio.
Non potevo perdonarla, non ci sarei mai riuscito.
L'ho allontanata da me, affinché non potesse farmi altro male, ma la mente non riusciva a
dimenticarla, era un tormento continuo, dovevo raggiungerla , con un atto estremo, farla
nuovamente mia.
Lisa, Lisa ora staremo insieme per sempre...