Imprigionato.
Rifugiato in loro attesa. Finalmente sono qui.
I miei ultimi pensieri. Me li concedo. Ne ho il tempo.
Più volte inutilmente mi sono chiesto quale fosse il senso della mia esistenza. E' molto
possibile pensarci con la vita che faccio. Forse tutti lo fanno.
C'è stato un tempo in cui gli interrogativi si addensavano fino a coagularsi. Durante il
mio lavoro poi il disagio diventava tetro, vorticoso fino allo scontro frontale con il
silenzio.
A ben vedere, il procedimento era semplice e immediato. I pensieri, puri, tersi, strappati
con ferocia dal cocente vento dello smarrimento, erano trasportati in un vortice
profondissimo, percossi smembrati ridotti in parole slegate fra loro. In modo iterativo il
processo continuava fin quando un mare di lettere impazzite scompariva nel buio di una
voragine, come una stella assorbita da un buco nero.
Poi il silenzio.
Dunque, domande senza risposte? No. C'è un senso? Sì.
La mia razionalità mi rende certo di questo. Ciò che conta però è altro.
Prima di giungere a delle opinioni accettate bisogna essere pronti. Coraggiosi. Poiché
non è detto che il senso sia rilevante o appagante. E allora.
Credo che il problema nasca dalle origini. O meglio, dal non conoscere o aver dimenticato
le origini. Quando tutto è iniziato per ognuno di noi.
Io stesso so o ricordo poco. Questo non mi ha impedito di comprendere. Ecco quindi la
verità. La mia. Ecco le risposte. Quelle che valgono per me.
Sono nato creato da un frammento della prima fantasia del mio creatore, probabilmente un
colto e competente nullafacente. Il motivo è da ricercarsi nel puro divertimento, in un
esperimento o in un delirio d'onnipotenza. Chissà. Magari debbo la mia esistenza ad
un'improbabile sfida. E' una cosa che al momento mi sfugge. Non credo sia essenziale;
anche se questo probabilmente ha tracciato il mio destino.
Messomi al mondo dopo attenta pianificazione, mio padre mi ha programmato la vita. Per me
era già tutto deciso. Ho conosciuto ben presto il mio compito. E come svolgerlo.
All'inizio sembrava tutto così eccitante, affascinante. L'entusiasmo era alle stelle per
quello che mi era stato posto come una gloriosa scalata alla notorietà. La conquista del
mondo.
Le cose cambiano. Prima scopri di non essere il solo a provarci: sei uno fra tanti. Poi
che molti hanno già fallito. Ridimensioni gli obiettivi. Da quel momento tutti quelli che
ti sembravano piccoli sacrifici in vista delle meritate soddisfazioni future, diventano
fardelli inutili per una sconfitta annunciata.
Ho conosciuto tanti miei simili nel mio peregrinare. Quasi tutti avevano un nome
interessante. Quanto meno più significativo per il compito loro assegnato. Il raffronto
con il mio, Erode, mi ha fatto sentire ancor di più come il frutto di un capriccio.
Per quanto ho potuto, ho svolto il mio lavoro con diligenza. Non che fosse piacevole. L'ho
fatto, Non ho altro.
Ho raggiunto la città eludendo facilmente i controlli alla frontiera. Non che fossero
così accurati. Altrimenti non avrei certo scelto questa città.
Prima di entrare in azione, mi sono trovato un rifugio sicuro così da ambientarmi e
conoscere il posto. E' sempre meglio conoscere bene come spostarsi e poter fuggire alla
svelta.
Poi è iniziata l'attività. Ho cominciato con lavoretti. Far sparire qualcosina,
intimorire un po'. Studiando le reazioni. In seguito tutto è diventato più ponderato e
laborioso. Per colpire altre città ho dovuto assicurarmi una discendenza. Con la forza,
certo. Nessuno me lo avrebbe permesso. Dopotutto qui sono uno straniero.
Spesso ho ucciso. Colpivo le vittime mentre lavoravano. Molte avevano con sé dei figli.
Non sempre era necessario eliminarli perché a volte morivano di crepacuore vedendo i
padri cessare di vivere. Altre volte restavano muti e immobili nell'invana attesa di un
aiuto. Qui non si può essere orfani. Li avrà ammazzati qualcun altro. Andava fatto.
Ho svuotato case di tutto il loro contenuto. Per poi distruggerle. Come detto, sono
diligente quindi, finché possibile, niente tracce e massima discrezione.
Mi nascondevo nel mio posticino, poi d'improvviso uscivo allo scoperto, colpivo e tornavo
al rifugio. Godendo del timore che provocavo. Della mia fama.
Sono braccato. E' finita. Da fuori città è giunta una squadra speciale. Mi sa che per
loro ho già arrecato troppi danni. Ma è il mio lavoro, dovrebbero saperlo.
Hanno dapprima installato degli scanner per controllare tutti i sobborghi e le vie di
fuga. I controlli sono divenuti più accurati. Si sono avvicinati sempre di più. Hanno
individuato il rifugio. Ora sono qui. Li sento, sono entrati. Non ho scampo, mi
elimineranno. Sanno come farlo. E' il loro compito, lo so.
- Sì! - Il ragazzino esulta a braccia alzate mentre sul monitor del computer campeggia il messaggio "SCANNING COMPLETED. VIRUS 'ERODE' DELETED SUCCESSFULLY!"