Nel
tramonto di agosto le nubi blu sono pesanti drappeggi sullo sfondo pallido del cielo.
Raggiungo a piedi la bottega di Sereno, dove vengo spesso a fare la spesa.
La bottega è piena zeppa e si può trovare di tutto. Dai ganci avvitati al soffitto
pendono scope, setacci, pentole... I banchi sono stracolmi di mercanzia. Il pavimento è
ingombro con scaldaletti, ferri da camino, trappole per topi, sacchi di fagioli...
Il proprietario è un uomo grasso e sorridente che gestisce da molti anni questo bazar.
Dopo che ho comprato alcuni articoli, lo saluto ed esco fuori.
Il tramonto è uno spumeggiare di nubi rosate e vaporose. E' una sera divina, fatta per i
poeti e per gli amanti.
Lentamente cammino lungo i porticati in penombra, sfiorando porte chiuse. Una ragazza
magra cuce seduta sulla porta. E' bella e triste. Ha i capelli lisci, lunghissimi e
indossa un vestito nero con guarnizioni di pizzo bianco.
Sotto i portici c'è silenzio, ombra, muffa e umidità. Io provo sofferenza poiché qui
sento lo scorrere del tempo. Quando si avvicina l'autunno i ricordi diventano coltelli con
le lunghe lame. Penso all'inverno, alla vecchiaia, alla morte... E mi chiedo che cosa ho
sbagliato nel gioco della Vita...
La ragazza si chiama Mara e tutte le volte che passo di lì rimango un po' a parlare con
lei. È una ragazza solitaria, introversa, senza nessuna amica. E' un mondo chiuso, fatto
di sofferenza e dolcezza.
Quando le sono vicino, la guardo mentre cuce con l'ago. È bella come il primo e perduto
amore. Una scopa di saggina sta appoggiata al muro. Nel cielo del tramonto ci sono nubi
viola orlate di fiamme con dietro focolai incandescenti.
Provo ansia mentre incomincio a parlare:
"Finalmente ti ho ritrovata, anche se solo per poco... La strada che porta a te è
lunga, tortuosa e sembra non finire mai".
Mi fermo di parlare con un senso di vuoto e di soffocamento. La ragazza si ferma di cucire
e resta ad ascoltarmi.
"Perdonami..." le dico sottovoce.
Passa un vecchio curvo come una biscia. Il cielo adesso ha squarci, fessure, fori da cui
piovono sciabolate di luce.
"Perdonami, per tutte le cose che non ti ho dato, per tutte le promesse che non ho
mantenuto... Per tutto il tempo passato, per le vite sprecate...".
Faccio ancora una pausa prima di riprendere a parlare:
"Per questo dovrò amarti senza averti, dovrò adorarti senza possederti... finché
si ripresenterà l'occasione e allora non mi ritirerò e manterrò il mio
impegno...".
Nel cielo ormai celeste pallido indugiano nubi lunghe, sottili come aghi.
Per la prima volta la ragazza alza gli occhi dal lavoro. Guardare in fondo ai suoi occhi
è come guardare in fondo a un abisso. Vedo tante cose dentro al suo sguardo: la promessa
di portarmi dentro ai labirinti e ai misteri dell'amore; ma anche malinconia e un vago
senso di disperazione...
Per sfuggire a tutto questo io abbasso gli occhi e così vedo la stoffa su cui sta
lavorando. C'è sopra un disegno profondo e strano, fatto di complicati arabeschi che si
allargano, si ripetono, si intersecano... si intrecciano...
***
"Si sente bene? Vuole che chiamiamo un dottore?"
Vedo persone in apprensione intorno a me, che mettono delle bende in un catino d'acqua.
Mi trovo seduto nella bottega di Sereno. Qualcuno mi dice che un gancio si è staccato dal
soffitto e una pentola mi è caduta sulla testa, così sono svenuto per alcuni minuti.
Rassicuro che tutto va bene, poi raccolgo la mia spesa, pago ed esco fuori. E' sceso il
buio. Tenendomi un fazzoletto bagnato sopra alla testa dove mi fa male, faccio ritorno a
casa.
Nei giorni successivi compio alcune ricerche. Una ragazza di nome Mara abitava realmente
in una casa sotto i portici, 50 anni fa. Una vecchia cartomante che la ha conosciuta, mi
ha raccontato che era orfana, bella e di carattere chiuso.
Mara aveva un fidanzato che la abbandonò. Dopo di allora la ragazza si trasferì in un
altro paese, e di lei non si seppe più nulla.
E' strano. Forse, seduta da qualche parte nel tempo, Mara aspetta veramente che il destino
ritorni a compiere il suo disegno.