Ricordo che
da bambino i miei genitori, per indurmi a non combinare marachelle m'intimidivano con
ambigui raccontini narranti d'individui malvagi che venivano a cercarmi per mangiarmi.
Favoleggiavano d'orchi maligni, perfide megere, macabre favole a cui io credevo e di cui
avevo sempre terrore! D'altronde chi da bambino non n'era persuaso e non ne aveva paura?
Rammento in particolare che mi parlavano di un tizio caliginoso che si cibava di bambini.
Il suo nome era Mommotti.
Mommotti è un nome derivato dal dialetto sardo e utilizzato per spaurire i bambini. Non
so esattamente chi sia, ma senza dubbio esiste. Ci ho sempre creduto e ci credo ancora
oggi che compio 23 anni a settembre! Non so come voi lo chiamiate, Uomo nero, Lupo
cattivo..., ma esiste! Io immagino che si tratti di noi stessi: del nostro lato più
impaurito; del nostro io che può condurci alla pazzia! Del terrore che si cela nella
mente di ciascuno di noi!
Da bambino ero giunto pure a dargli una figura! Lo immaginavo come un uomo enorme dalla
barba nera e fitta e dalla chioma lunga e nerissima che gli riempiva il volto! Non
riuscivo a vedergli gli occhi perché riparati dalle folte sopraciglia. Non ne scorgevo
neppure il corpo! Esso calava sopra di me nella tenebra più fitta! Era come un nembo nero
che mi copriva e mi "mangiava"!!
Vi narro la vicenda di un ragazzino di circa dodici anni.
Giuseppe stava rincasando dopo la scuola e, diversamente dalle altre
giornate, aveva cambiato la strada del rientro. L'aria era carica di nebbia e nel cielo
trasvolavano nubi nere ricolme d'acqua: presto avrebbe cominciato a piovere. Marciando per
un viale alberato riuscì ad intravedere alla sua destra un cottage che sino allora non
aveva mai notato, probabilmente perché era sempre stato coperto dai querceti che gli
operai dell'A.N.A.S. avevano fatto segare qualche giorno prima dai taglialegna.
Giuseppe non era solo, stava rientrando con il suo compagno di giochi e gherminelle
Davide. Insieme quei due erano un terremoto. In realtà Davide era più tranquillo e
giudizioso, ma Giuseppe senza di lui non aveva l'ispirazione per combinare guai.
Il sole non si vedeva ma alcuni suoi bagliori riuscivano ad immergersi
sotto i nuvoli e a toccare la superficie terrestre. Giuseppe sapeva che non avrebbe fatto
in tempo a tornare a casa prima che cominciasse a cadere la pioggia e pensò di coprirsi
sotto un balcone fatiscente del cottage. Da sempre amava intrufolarsi in questi tuguri
abbandonati, era un modo come un altro di svagarsi.
Era un ragazzino superficialmente forte ma in realtà molto fragile. Passava i suoi
pomeriggi e le sue nottate a sentire i suoi genitori gridare e bestemmiare senza indugio
per qualsiasi corbelleria e questo non era affatto educativo. Spesso si tappava gli
orecchi con le cuffie del walkman straripanti di musica a tutto volume. Sarebbe divenuto
sordo, ma almeno non li avrebbe più uditi!
L'effluvio della terra umida cominciava a farsi sentire. Davide si
trovava sotto il balcone della casa per ripararsi dall'acqua che veniva giù dalla
grondaia ormai crivellata dalla ruggine. Pioveva da non più di qualche secondo e non
pareva volesse cessare. Giuseppe disse:
- Entriamo dentro per vedere se troviamo qualcosa di spassoso?-
Davide, che non amava particolarmente questo svago, rispose:
- No, andiamo via. Guarda che se viene il padrone ci prende a calci in culo!-
Giuseppe fece una smorfia e disse:
- Sei un cagassotto! Vai da mammina che ti dà il ciuccio! Hai paura di Mommotti? guarda!
Mommotti! Bhooo!!-
Davide spalancò il parapioggia e s'incamminò verso la strada per rientrare a casa.
Giuseppe lo fissò, ma lo lasciò andare senza dire alcun che. Poi afferrò un tubo di
ferro ossidato e saggiò la porta d'accesso che pareva non essere chiusa a chiave. La
porta imputridita emanò tre o quattro cigolii e si aprì. Un fetore di muffa giunse fuori
dall'ombra che risiedeva all'interno. Pareva chiuso da secoli. Presumibilmente questo
cottage era appartenuto a qualche mezzadro che non ne curava l'igiene. Giuseppe tossì per
cacciare la polvere dalla gola e si addentrò.
Fuori la pioggia scrosciava e il frastuono all'interno era rintronante.
Un lampo diede luce alla stanza d'ingresso per mezzo secondo permettendo al giovane di
vedere. Pensò di aprire completamente la porta per lasciare che la luce s'infiltrasse. Un
lungo camino inzaccherato di pulviscolo e delle immense ragnatele rivestivano tutta la
parete di fronte alla porta e a destra c'era una scala di legno che conduceva di sotto.
Giuseppe avvertì una cassapanca nera dall'aspetto inquietante sotto un mobile di ferro:
pareva una bara! Curioso, s'accostò e provò ad aprirla. Era già aperta ma pigiata dal
tempo e dall'acqua che colava dal soffitto da chissà quanti anni. Con un po' di forza
l'aprì e, con un po' di ribrezzo inserì le mani al suo interno per tastarne il
contenuto. Sembrava contenere strambi fogli avvolti tra loro e imbrattati di polvere. Gli
tirò fuori e si rivolse verso la porta per darli una scorsa. Un lampo precipitò e la
porta si chiuse!! Nessuno l'aveva toccata! Il vento era assente!! Forse era una burla di
Davide!? Giuseppe, avvolto dall'oscurità più nera diede inizio ad un tremolio di paura
e, urlando chiamò l'amico.
- Davide, sei tu?... aprimi subito o ti spacco le ossa!! Stronzo! Apri!!-
Nessuno replicò, ma Giuseppe era certo che fuori c'era Davide. Lasciò cadere la pagina
per terra e, al tatto raggiunse la porta. Provò a coartarla, ma era impossibile aprirla.
Ora era chiuso dentro! Aveva un po' di paura. Chiamò un'altra volta l'amico ma nessuno
rispose. Si convinse quindi che era già ritornato a casa sua.
Provò a ripensare dove fossero le finestre che aveva visto da fuori. Marciò due metri
alla sua destra e cominciò a sfiorarne i bordi di una di esse. Strisciando le mani nel
legno scrostato giunse ad un pomello di ferro arrugginito graffiandosi il palmo della
mano. Lo strinse e lo roteò. Aprì e riuscì ad illuminare un po' la dimora. Non poteva
uscire dalla finestrella poiché era sbarrata da quattro spranghe di ferro. Giuseppe non
si preoccupò di giustificarne il motivo. Si rese però conto che era nei guai! I suoi
genitori l'avrebbero pestato! Era terrorizzato all'idea. Sarebbe dovuto venire fuori prima
che loro se ne fossero accorti. Lo avevano sempre avvertito che se avesse commesso altre
cretinate lo avrebbero dato in pasto a Mommotti! Sapevano che di lui aveva terrore!!
Il ragazzo si accostò in un cantone della stanza per far la pipì.
Sapeva che non era solo! Nel semibuio aveva l'impressione di sentire qualcosa che gli
tirava l'affare! Troncò di colpo la fuoriuscita di orina e richiuse la zip dei jeans
portandosi prontamente nella finestra.
- C'è qualcuno? Chi c'è qui con me?! Rispondete... vi prego!-
Giuseppe si mise a ridere e pensò di stare impazzendo. Probabilmente era la suggestione.
Tornò nel centro della stanza e prese di nuovo il foglio che aveva scovato nella
cassapanca. Lo lesse:
- Il mio nome è Massimo Fenu. Se stai leggendo questa pagina significa che non ce l'ho
fatta. Stamattina sono stato rinchiuso in questo cottage per gioco dalla mia ragazza e ho
scoperto che è invasa dal male! Qualcuno mi prenderà per folle ma so quel che sostengo.
Prima ho sentito delle voci cupe provenire dal sotterraneo. Non oso andare a vedere! Ho
paura, ma due sono le cose: o sto quassù a morire di fame o vado giù a controllare se
trovo una seconda uscita. 23:36 (secondo il mio orologio) 15 10 1992 -
Giuseppe versò una lacrima e qui comprese ciò che stava capitando. Gli venne subito in
mente che sua madre quella mattina gli aveva raccomandato di tornare immediatamente da
scuola perché dopo pranzo doveva andare dal medico per un vaccino e quindi,
presumibilmente lo stava cercando. Aveva fiducia nel fatto che Davide l'avesse avvertita.
Rimise il foglio di carta all'interno della cassapanca, si spostò verso la finestrella e
si adagiò in una sedia sghemba, per attendere qualcuno in suo soccorso.
La strada non era ben visibile, anzi non si vedeva affatto. Fuori
pioveva tuttora e i fulmini non cessavano. Ricordò che nello zaino aveva un avanzo di
tartina dall'intervallo scolastico che non aveva terminato di mangiare. Si portò il polso
al muso per leggere l'ora. L'orologio era fisso! Fisso a mezzanotte!! I conti non
tornavano, all'una ricordava che l'orologio camminava e perciò mezzanotte non poteva
essere ancora giunta poiché fuori era ancora chiaro.
Prese la tartina avvolta in una busta di carta sgualcita e la estrasse. Puzzava! L'aprì
per verificarne la genuinità... era zeppa di vermi!! Lo scagliò per terra e si scostò.
Non era possibile! Il disgusto lo portò a vagire e sussultare fino a rigettare. Non
riusciva ad interpretare ciò che stava capitando!! Inizialmente la porta che sbatte, poi
la sensazione tremendamente forte della presenza di qualcun altro nella casa, ora la
tartina! Cominciava a pensare che il tizio della lettera avesse ragione! Il male si celava
tra le pareti di quel cottage! L'angoscia e soprattutto il terrore gli montavano in gola.
Non poteva sperare in un salvataggio esterno stando fermo. Doveva agire in qualche
maniera! Si portò verso la rampa superiore delle scale di legno e scese con prudenza.
Intanto che veniva giù scorgeva qualche spiffero di luce: forse c'era una seconda uscita.
Non vedeva bene. Nel totale era molto buio. Giunto al termine della scala gli parve di
udire un rumore! C'era qualcosa là giù che picchiava a ritmo apatico. Qualcosa che si
approssimava sempre più a lui! Qualcosa di raccapricciante! Giuseppe si bloccò di colpo.
Aspettava! Non sapeva cosa, ma aspettava! Era immobile dinanzi alle tenebre che stavano
calando. Fuori probabilmente stavano sopraggiungendo le caligini, giacché il sole era
immerso. Era ormai buio. L'ora era passata talmente in fretta... La cosa lo terrorizzava
perché nessuno lo aveva cercato finora! O non l'aveva trovato. Davide sapeva che Giuseppe
era in quel cottage. La sua immaginazione lo portò a pensare che i suoi genitori non lo
desiderassero più, che si erano avvalsi di quest'ennesima marachella per svincolarsene! A
questo tormento non resistette e scoppiò in un forte sconforto.
Dall'alveo della cantina giunse un massiccio effluvio di cadavere!
Giuseppe tornò adagio sui propri passi risalendo lentamente a marcia indietro.
Percorrendo i gradini qualcosa lo fece sgambettare facendolo precipitare di sotto e
recapitandolo direttamente al varco della cantina: come se qualcuno o qualcosa d'atroce lo
avesse già previsto!! Come un ragno che dispone la rete per accogliere l'insetto
sciagurato. Giuseppe si mise a gridare terrorizzato e nel delirio replicava
insistentemente:
- Non lo faccio più! Lo giuro!! Mamma, aiuto! Mommotti vuole mangiarmi! Aiuto!!-
Il sole era calato del tutto e la luce che riusciva ad entrare nelle
fessure era pochissima. Quasi nulla. Giuseppe stava immobile per terra come ad attendere
la grazia celeste. L'odore di morto era vivissimo e il battito che prima sentiva lontano
ora era più rasente e snervante. Un mugghio sordo e cupo venne dal ventre della cantina.
Una luce si plasmò dal nulla penetrando da una finestrella che dava su un'altra parete
probabilmente appartenente ad una seconda cantina. Qualcosa si spostava. Era un essere
abnorme che si approssimava a Giuseppe! Il passo pesante risuonava ovunque mentre alcune
lastre di legno traballavano fino a precipitare per terra! Giuseppe arretrò. L'essere si
avvicinava, ma Giuseppe non ne percepiva ancora l'aspetto! Il ragazzino inciampò su
qualcosa! Qualcosa che si frantumò! Era un osso!! Tante ossa umane! Si guardò tutto
intorno e avvertì il contatto di decine di cadaveri appartenuti a bambini sfracellati a
metà e triturati da denti enormi! Il puzzo del sangue era divenuto nauseabondo! Giuseppe
giunse al muro e si fermò. L'essere continuava ad avanzare senza urgenza! La sua preda
ormai era in trappola. Ora Giuseppe ne percepiva i lineamenti del corpo. Era una sorta
d'orco completamente nero privo d'arti! Non ne scorgeva bene il volto, ma s'intravedeva
una folta lanugine in tutta la faccia. Al culmine della testa aveva delle fauci smisurate
che si cibavano di bambini!
Giuseppe chiese perdono per aver violato le disposizioni dei suoi genitori:
- Ti prego. Risparmiami! Non lo farò più! Giuro che d'ora in poi ascolterò papà e
mamma. Mommotti non mangiarmi, ti scongiuro!!!-
Mommotti arrivò dinanzi a Giuseppe e lo calpestò con la sua massa di lardo gemendo come
un bambino! Questo gemito proveniva dal suo esofago che emanava un tanfo di sangue
ributtante! Il ragazzo era sul punto di perdere i sensi, ma riuscì appena a notare nel
fondo la presenza d'alcuni bambini orribilmente mutilati che tentavano di trovare la forza
di risalire dalla gola della creatura orribile! Giuseppe, contrariamente, si abbandonò al
suo atroce destino e finì tra le fauci di Mommotti guaendo e pensando a sua madre che lo
aveva avvertito di stare attento!
Mommotti lo mangiò!
Erano le 7:30 del giorno seguente. Il sole non si era ancora proposto
nella finestra della cameretta di Giuseppe. Dinanzi al suo letto c'erano i genitori e
l'amico Davide. Giuseppe, che giaceva sul letto da ore, si svegliò e abbracciò la madre.
Questa lo rimproverò, poi gli raccontò cosa era accaduto:
- Ti abbiamo trovato svenuto dentro quella casa... Ma come ti è saltato in mente!? La
prossima volta ti spacco la faccia e tuo padre fa il resto!!-
Giuseppe, che aveva realizzato l'accaduto, sorrise e affermò:
- Tranquilla. Non succederà più -
La madre:
- Questo è poco ma certo... Sicuramente sei inciampato e hai battuto la testa. In ogni
caso non hai nulla di rotto. Ci penserà tuo padre stasera a romperti l'osso del collo!-
Giuseppe non dava retta a ciò che le diceva sua madre, ora era come rinato. Quest'incubo
gli aveva insegnato tante cose. Una tra tutte: i suoi genitori lo amavano.