Sotto il letto

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2012 - edizione 11

Giulia si trovò con la faccia a terra. La testa le doleva moltissimo, la lingua andò a frugare laddove fino a poco prima c’era un dente, il sapore del sangue le dava la nausea.
Tentò di alzarsi, si rese conto di essere legata mani e piedi, ma cosa era successo? Dove si trovava? Tutt’intorno il buio inghiottiva ogni cosa, l’odore di muffa impregnava quel posto, forse un garage. Si sforzò di pensare, analizzando gli ultimi istanti vissuti, prima di quel momento. Era uscita dall’ufficio come di consueto alle diciotto, pioveva, aveva corso per raggiungere l’auto dall’altra parte della strada, le chiavi le erano cadute in terra, si era chinata per raccoglierle.
Già, adesso ricordava! Quando si era rialzata, un’ombra scura dietro di sé l’aveva colpita violentemente al capo, poi più nulla.
– Urla Giulia! Urla! – si disse. Urlò fino a restare senza voce, ma nessuno venne in suo aiuto. Fortunatamente la borsa era sul pavimento vicino a lei, vi frugò dentro come poteva, e l’unica cosa che le tornò utile fu l’accendino.

L’impresa fu quasi impossibile e inevitabilmente si ustionò entrambi i polsi, il dolore lancinante le colmò gli occhi di lacrime. Riuscì a spezzare la corda, estrasse il telefono per chiamare la polizia ma ovviamente non c’era segnale. Un ghigno inquietante tuonò nell’oscurità, qualcuno si era divertito nutrendosi del suo terrore, nascosto chissà dove, l’aveva osservata in silenzio. Quell’essere avanzava verso di lei strisciando gli artigli affilati creava scintille contro le pareti. Lei, era ormai, consapevole che la fine sarebbe arrivata presto. Squillò ripetutamente il cellulare, Giulia aprì gli occhi di scatto, e si mise a sedere sul letto, con infinito sollievo spense la sveglia. L’incubo era finito. Al buio allungò la mano per accendere l’abat-jour, ma incontrò quella dell’essere che la afferrò trascinandola sotto il letto per sempre.

Luisa Lajosa