Cacciare mostri
e ricavarne cimeli era un lavoro a tempo pieno per Walter.
Aveva strappato canini a vampiri, dato fuoco a mummie dopo averne raccolto
le bende, catturato zombie vivi e Dio solo sa cos'altro.
Eppure quel lupo mannaro gli stava dando un sacco di filo da torcere.
Il suo assistente era stato massacrato, dilaniato dalle zampate di quel
mostro.
Quando riuscì a colpirlo con un potente dardo anestetico non gli sembrò
vero.
Legò saldamente il licantropo al lettino, aspettò che il farmaco finisse
l'effetto quindi lo dissanguò riempiendo di plasma lupesco un bidone da
cinque litri.
Aggiunse l'anticoagulante e poi, per sicurezza, gli sparò in petto una bella
pallottola d'argento.
Il solito committente, un tale professor De Bellis, attese con pazienza il
carico richiesto.
Quando arrivò al laboratorio, lo scienziato pregò Walter di rimanere per
testimoniare la conclusione della sua opera.
De Bellis attaccò il barile di sangue, assieme ad un'altra sacca più piccola
dal contenuto ignoto, a un corpo coperto da un lenzuolo.
Tutti e due attesero la completa trasfusione sorseggiando alcuni drink.
Walter, stanco e schifato, voleva solo essere pagato e dileguarsi.
Alla creatura del professor De Bellis non servì molto tempo per svegliarsi.
Walter vi riconobbe uno dei suoi morti viventi, denti vampirici in bocca e
anche le ali di un'arpia che aveva ammazzato due settimane prima.
Una sorta di Frankenstein dell'orrore che urlava e strepitava.
La lingua triforcuta scattava avanti e indietro, lacrime rosse sgorgavano
copiosamente dagli occhi spenti e un nuovo orrendo viso sbucò dalla pancia
gonfia.
Agguantò De Bellis, gli scorticò la testa e gli succhiò occhi e cervella a
una velocità folle.
Schizzi di sangue.
Con tutta la sua esperienza Walter capì che non poteva contrastare quell'abominio
e in un attimo fu consapevole di aver costruito la propria morte... pezzo
per pezzo.