Quando meno
è atteso, l'uomo a metà si presenta. Appare dai confini dell'orizzonte.
Non si ferma, non corre.
Attraversa grandi spazi e vasti piazzali, percorre piste fra le dune dei deserti e scende
lungo i piani di immense figure geometriche delimitate da rette parallele, verso una meta
che sembra conoscere solo lui.
Da una parte ha il sole e dall'altra la notte, come se camminasse di traverso al tramonto.
La sua figura è per metà bianca, statica, immutabile come l'illustrazione di un rebus;
per metà nera, statica, immutabile come una silhouette.
Ma le figure dei rebus hanno tutte un nome: il gallo, il serpente, il ragazzo scalzo nel
cortile, l'amo da pesca che se è preceduto da R dà RAMO, se invece è seguito da RE dà
AMORE, e la contadina in manette fra due Carabinieri che è "rea" quindi,
preceduta da A, diventa AREA.
L'uomo a metà, invece, non ha nome.
Una silhouette è precisa, infantile: il suo nero su bianco delinea il profilo di un
bambino o la figuretta merlettata di una dama del settecento.
Ma l'uomo a metà non ha profilo.
Giunge a una collina, e si ferma nello scheletro di una casa abbandonata. E' lì che ti
attende. Non ha fretta, sa che arriverai.
Ma stai attento: corri il rischio di specchiarti in lui, e a coloro che l'hanno fatto
prima di te la vita si è capovolta.
Perché se ti fermi sul suo cammino, lo fronteggi e ti specchi in lui, scoprirai la tua
vera immagine, la tua luce e le tue ombre. Contemplerai lo scheletro dei tuoi veri
sentimenti: l'amore, l'ambizione, la tua ansia, il tuo odio. E per te nulla sarà più
come prima.
Perchè anche l'uomo a metà è uno scheletro.
Perché l'uomo a metà è la tua coscienza.