Se ne stava
rinchiuso in quella stanza, con lui la sua famiglia. Jasmin, sua moglie, che tentava di
far prendere sonno alla piccola Fatiha, carezzandola e parlandole sommessamente, con quel
tono cantilenante che forse avrebbe calmato sua figlia ma aveva il potere di raggelare
lui. Si erano rifugiati in cantina, avevano avuto tutto il tempo di renderla abbastanza
confortevole nei giorni precedenti. Sapevano, come tutti gli altri, che loro
sarebbero arrivati quella notte.
Omar si alzò stancamente dal giaciglio, formato da alcuni materassi poggiati sul
pavimento di cemento, cercando di stirarsi le membra per quanto il soffitto basso della
stanza, che gli sfiorava il capo, glielo permettesse. Si avvicinò alle due persone che
amava di più al mondo poggiando una mano calda e rassicurante sulla spalla di Jasmin. Le
guardò entrambe come a volerle rinchiudere in una campana protettiva, il suo sguardo
divenne scrutatore. La paura nei tratti tesi di sua moglie, il nervosismo ancora
inconsapevole, dettato probabilmente da un istinto infantile, di sua figlia. Piccola bimba
che difficilmente avrebbe avuto la possibilità di crescere, dormiva ora finalmente, tra
le braccia di sua madre, senza sapere che non sarebbe a sua volta divenuta donna, che
probabilmente avrebbe avuto due anni per sempre. La sua mano ora non era più calda e
protettiva, si era trasformata in un gelido oggetto tremante. Jasmin si voltò a fissare
il suo volto, tentò di sorridergli cercando nel suo sguardo quella sicurezza che da
troppo tempo non riusciva a trovarvi. Posò delicatamente la piccola sul lettino
improvvisato, alzandosi mentre teneva stretta tra le sue la mano del suo uomo devastato
dal terrore. All'improvviso, contravvenendo a quanto si era ripromessa guardò l'orologio,
ma non riuscì davvero a registrare il dato che le fornivano le lancette, sapeva solo che
il tempo passava, inesorabile. Omar l'abbracciò stretta tentando di farle scordare quanto
poco mancasse alla fine, quanto vicino fossero loro. Si spostarono in silenzio
dall'altra parte della stanza per non disturbare Fatiha.
Rimasero per istanti, che ad entrambi sembrarono interminabili, persi dietro i loro
silenzi colmi di ansia e paure. Seduti su quello che sapevano sarebbe divenuto il loro
ultimo letto matrimoniale. D'un tratto le loro mani si cercarono, all'unisono, sfiorandosi
e stringendosi spasmodicamente, i loro occhi bassi ad osservare i giochi delle dita
intrecciate. Omar si riscosse quando una piccola goccia calda cadde a bagnare
quell'unione. Sollevò il suo sguardo in quello di lei e sentì il suo cuore andare in
frantumi quando vide il volto della donna che avrebbe voluto proteggere e amare per
sempre, rigato dalle lacrime.
Era tutto inutile, inutile il loro rintanarsi come topi, il loro cercare di sopravvivere.
Presto come annunciato li avrebbero distrutti. Sarebbero arrivati ad ucciderli. Forse,
anche se non potevano ancora sentirli, erano già vicini, quanto ci sarebbe voluto? Pochi
minuti o tutta la notte? Non sarebbe bastato il loro rifugio sotterraneo.
Si alzò di scatto in un impeto di ribellione, prese la sua donna per mano dirigendosi
alla porta che portava di sopra, Jasmin cercò di trattenerlo spaventata, gli occhi
sgranati dalla sorpresa e dalla paura.
"Voglio vedere il cielo ancora una volta." Le sussurrò.
"Omar ti prego, è una follia uscire adesso." Cercava di trattenerlo, di
impedirgli quel gesto di assoluta incoscienza, ma lui continuava a tirarla per le mani
verso quella porta che lei così stupidamente si ostinava a ritenere una difesa. Contro
cosa non avrebbe potuto dire, forse contro le loro potentissime armi. O forse contro la
loro furia, la loro smania di uccidere.
"Ti supplico amore mio, fammi guardare il cielo un'ultima volta con te, respiriamo
questa notte, per qualche minuto ancora, come fosse una delle tante." Il suo sguardo
era così vibrante di vita e di desiderio che Jasmin ne fu contagiata.
Salirono i pochi gradini con passo veloce per impedire al terrore di ricacciarli indietro.
In un attimo furono all'aperto fissando la notte silenziosa e in apparenza serena.
Goderono dell'aria fresca sulla loro pelle mentre dal cielo li osservavano le ignare
stelle. Si strinsero rubando al destino un ultimo bacio, ma già in lontananza si udiva il
ronzio.
Restarono così, allacciati, immobili e in silenzio a sfidare l'orizzonte buio e
invisibile. Un boato lontano li riscosse, videro lampi nel cielo di Baghdad e il terrore
si abbatté nuovamente sui loro pensieri costringendoli a tornare indietro, in quel loro
inutile riparo.
Nella cantina le luci delle torce li accolsero ricordando loro tutta la disperazione di
ciò che stavano vivendo, la bambina dormiva ancora, sembrava tranquilla ora.
Omar si distese sui materassi stringendo sua moglie a sè, sapendo di non poter far nulla
per proteggerla. Non potevano fare altro che rimanere in ascolto cercando di stimare di
quanto i boati si fossero avvicinati, quanto più vicina fosse di volta in volta la morte.
Aspettando e sperando. Aspettando il giorno. Sperando di essere ancora vivi.