La sua mano
tranciata da una lamiera era stata l'ultima cosa che aveva visto durante l'incidente. Poi
era svenuto.
Non sapeva quanto avesse dormito; forse due giorni, forse di più. Si era trovato in un
letto d'ospedale, con un grosso senso di nausea e dolori in tutto il corpo. Il dolore
finiva al polso destro, ma al posto della sua mano, un'altra. Non era artificiale, era
proprio umana, eppure non era la sua; certe cose si sentono, e poi la sua mano era stata
maciullata nell'incidente. Ma allora di chi poteva essere?... Un brivido gli percorse la
schiena: era la mano dell'automobilista che aveva ucciso nell'incidente. Rivedeva
mentalmente lo scontro: lui che viaggiava a velocità folle, lo stop che non aveva visto,
la macchina rossa, il terrore sul volto del guidatore che aveva investito, poco prima che
la sua testa venisse schiacciata. Sì, era proprio la mano di quell'uomo. Sussultò: si
era mossa, senza che lui lo volesse. Non riusciva a comandarla, non era una mano, era
l'uomo che aveva ucciso, e voleva vendicarsi. Ed era forte, più forte del suo braccio...
Lo trovarono morto in sala di rianimazione, si era tolto il tubo
dell'ossigeno, aveva ancora la mano destra che stringeva il tubo.
- "Non riesco a capire" - disse il medico che l'aveva operato - "era
riuscito tutto perfettamente; oltre ad averlo salvato siamo riusciti perfino a
riattaccargli la sua stessa mano. Era stato davvero fortunato." -
- "Già, anch'io lo sono stato; fratturarsi solo il setto nasale e una gamba in un
incidente di quel tipo è stato davvero un miracolo. Eppure, anche se è stato lui a
provocare l'incidente, non serbavo rancore nei suoi confronti, anzi, sa cosa le dico? Mi
dispiace molto che sia morto senza che gli abbia potuto dire che stavo bene e che l'avevo
perdonato. Avevo già deciso: appena fosse uscito dalla rianimazione, sarei andato a
stringergli la mano."-