Bussa da un'ora
ormai. Inutile cercare di attirare l'attenzione dei vicini. Tutte le
finestre sono chiuse, le luci spente. Ho chiamato i carabinieri. Hanno
risposto che arriveranno. Il cane, in compenso, è ancora vigile e guaisce
con le orecchie afflosciate. Sembra impaurito. Chi diamine è, questo
imbecille? Perché continua con quel bussare ritmico? Qualcosa che mi
spaventa, mi trattiene dall'uscire.
«Basta! Hai rotto i coglioni! Cosa vuoi da me?», urlo disperato. Non riesco
a dormire, né a fare altro. Peggio della tortura della goccia.
L'unica risposta che ottengo, è quel tac, simile a lo scrocchiare di ossa.
Salgo le scale di corsa per prendere l'unica arma che ho, l'asta per la
botola della soffitta. Tenendola stretta tra le mani, mi aggiro per il
salotto. Il cane è nascosto sotto al tavolo ora. Ho un terrore atavico che
non conoscevo e non credevo di poter provare. Entro in cucina, facendo
scricchiolare le assi del vecchio impiantito, che ho deciso di cambiare dal
primo momento che l'ho visto. L'unico rumore che sento ora, è il ronzio del
frigorifero. E il mio ansimare.
Sembra che se ne sia andato. Prendo una birra dal frigorifero. Quando mi
volto, me lo trovo davanti, la bocca spalancata e gli occhi lattiginosi. Fa
scattare la mascella che produce quel tac che sentivo prima. Senza pensarci
due volte, lo colpisco con la bottiglia in testa. Un urto secco, e il sangue
schizza dappertutto, come se avessi colpito un pomodoro marcio. Stramazza
sul pavimento, mentre il suo sangue bagna il legno.
Vomito, piegandomi in due. Il cane guaisce dal salotto e mi raggiunge. Mi
rialzo, e sbigottito vedo che l'uomo non c'è più. Di lui rimane solo la
pozza di sangue che pian piano si asciuga, sempre più in fretta, fino a
rimanere una macchia scura sul legno.