Bianca

Bianca nacque senza un gemito. Silenziosa si presentò al mondo. Bianca perchè era nata così, bianca, senza un filo di rossore nel suo corpicino candido. Si guardava intorno curiosa, i suo grandi occhi grigi, come le nubi tempestose che si apprestano a lasciar andare la pioggia, erano pronti a lasciar andare nuove emozioni. Bianca come la luna che l'aveva accolta nella sua nuova vita. Silenziosa era stata presa dalla madre che piangeva per il dolore, ma sempre composta e fredda. Io aspettavo di vederla, ansioso e felice. La diedero ad Alessandra avvolta in una coperta di lana morbida e lilla. Mia moglie la guardò senza prenderla, Bianca ricambiava lo sguardo freddo di mia moglie, sostenendolo come farebbe un adulto.
<<La potete anche buttare... io non la voglio>>.
Questo mi doveva già mettere in allarme, la pazzia di mia moglie non era mai stata così evidente come in quel giorno. La donna che l'aveva aiutata a partorire a casa nostra, portò Bianca verso di me, io la presi in braccio, la scrutai felice, mi somigliava vagamente, ma era mia figlia, la mia piccola stellina. I suoi pugni stretti al petto, il viso serio, gli occhi fermi dentro ai miei. Mi piaceva guardare Bianca mentre dormiva beata nel suo cullino a dondolo che le avevo costruito io. L'avevo sistemata sotto la finestra in camera da letto, dalla parte del mio letto. I raggi di luna la notte le accarezzavano il dolce visino paffuto.
Entrando in casa, un giorno, tornando dal lavoro, vidi che non c'era nessuno in cucina, così mi recai in camera da letto. Per giorni avevo sperato in un consolidamento del legame tra Alessandra e Bianca, ma i risultati al momento erano scadenti, comunque restavo fiducioso. Il quinto giorno di Bianca in questo triste mondo, tornai dal lavoro, entrai in camera da letto e trovai mia moglie sdraiata in mezzo ai cuscini del letto, leggeva un libro di letteratura erotica di terza scelta mentre addentava una mela rossa, che per la voracità con cui era morsa lasciava cadere sottili rivoli di succo nel suo mento appiccicaticcio.
Guardai nel cullino, Bianca non c'era.
<<Dov'è Bianca>> dissi a mia moglie, lei non mi rispose.
<<Ale, dov'è Bianca...>>
<<Mmmm...>> mormorò seccata.
La fissai, il ghiaccio fatto persona.
<<E' con tua madre?>>
<<L'ho... buffata>> mugugnò goffamente con la mela masticata in bocca.
Una fitta mi attanagliò le viscere, il cuore mi salì in gola.
<<Ale... l'hai....l'hai buttata? Che cazzo vuol dire?>>
Mi guardò con aria di sfida.
<<Sì...>> inghiottì rumorosamente <<Era una cosa inutile, piangeva sempre>>

Corsi in cucina in preda al panico, ora che ci penso è stata una cosa stupida svuotare il secchio della spazzatura, ma in ogni caso provai a cercarla lì. Tornai in camera, in preda all'ira.
<<STRONZA!>> le urlai <<Dov'è BIANCA!!!>>
Distolse lo sguardo dal libro, mi sorrise, gettò la mela sul comodino e tornò a leggere. Presi il libro e lo scaraventai dall'altro lato della stanza, poi la afferrai per i capelli che aveva raccolto in una lunga coda.
<<DOV'E'!!! BRUTTA TROIA!>>
Ricordo tutto a scatti, ero incazzato, ero un animale in preda all'ira.
<<Lasciami!!!LASCIAMIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!>> si lamentava e urlava.
La strattonai giù dal letto, si afferrò al comodino e fece cadere la lampada che si ruppe in mille pezzi. La portai fuori tirandola per i capelli.
<<Dov'è? DOV'E'? T'AMMAZZO... DOV'E'!>>
Lei piangeva , si dimenava e cercava di liberarsi i capelli dalla mia mano.
Mi indicava un punto con il braccio proteso a destra.
<<Lì... liiiiiiiiiii... LasciaMIIIIIIIIIIIIIIII>>
Le tirai un pugno che la fece cadere distesa priva di sensi. Abitavamo in una zona di campagna. Era una zona chiamata Montagnetta, un piccolo borgo di 300 persone, in montagna, ma ad una quindicina di chilometri dal paese di cui facevamo parte. Le persone accorsero subito fuori sentendo gridare, andarono da Alessandra e cercarono di farla riprendere, io corsi verso il luogo che lei mi aveva indicato. Vicino le nostre piccole casette, scorreva un fiumiciattolo, che misurava neanche un metro di larghezza e qualche spanna di profondità. In inverno gelava, eravamo in autunno ed era abbastanza freddo, i bordi erano punteggiati da foglie rosse e gialle, morte. Fra le foglie scorsi il corpicino nudo e violaceo di Bianca, riversa a faccia in giù nell'acqua, accoccolata su se stessa. Incominciai a piangere disperato, intanto un pensionato, mio vicino di casa, accorse e mi si avvicinò.
<<Che succede, Andrea... Che c'è...>>
Io piangevo, non riuscivo a parlare, mi buttai nel fiumiciattolo, lui mi seguì e vide Bianca.
<<Oh mio Dio...>> si voltò verso gli altri che erano accorsi, e urlò a sua moglie.
<<Franca... FRANCA! CHIAMA LA POLIZIA>> Tutti si adoperano per chiamare polizia e ambulanza.
Mi avvicinai al corpicino della mia piccola stellina, la girai.
<<Amore... Amore...>>Sussurravo senza sosta.
<<Bianca... oh no... ti prego>>
La presi in braccio era fredda, congelata, la chiamai, senza esito. La scuotevo abbracciandola stretta, era fredda, era morta. Gli occhi di Bianca sempre fermi e seri, ma di un grigio più chiaro, guardavano al cielo.

 

Mia moglie confessò che l'aveva buttata in quel canale subito dopo che io me ne andai al lavoro. Non la rividi più, la chiusero in un istituto per malati mentali. Guardo sempre il cullino di Bianca e lo faccio dondolare. Io ogni notte sogno la mia stellina, e di giorno ci parlo, lei mi viene a trovare ogni tanto, non sorride, mi guarda... e poi scompare.

Alice Celeste

Sono Alice Celeste. Sono di Pachino (SR) in Sicilia. Sono nata il 27 novembre del 1984. Mi piace moltissimo leggere perchè ogni volta è come entrare in un mondo diverso dal mio, mi piace scrivere, disegnare fate, ascoltare musica rock, hard rock anni 60/70; suonare la mia batteria nel mio gruppo i Tetra Martire, abbiamo anche un sito www.tetramartire.it; di solito quello che scrivo non lo vede nessuno, da oggi qualcosa cambia. Accetto qualsiasi critica o commento.