"Trovati un lavoro" gli avevano detto, "Sarà gratificante, ti formerà caratterialmente e, in aggiunta, metterai da parte anche un bel gruzzoletto". L'idea non era male, almeno fino a quando Romina non ebbe messo piede nella grande e tetra dimora che gli abitanti di quel posto chiamavano Villa Lugosi. Giravano strane voci su quella casa e i vecchi, in paese, erano reticenti e timorosi nel parlarne apertamente. Era risaputo, tra i bambini del luogo, che Villa Lugosi fosse una zona fuorigioco, come era vero che moltissimi adulti, che sfilavano di lì, inconsapevolmente affrettassero il passo. Quel freddo pomeriggio di Ottobre la nebbia, che attorniava fitta la casa, si diradò invitando Romina a varcare il desolato giardino fin sull'uscio. Due tonfi, e dei corvi si levarono dal tetto, il portone si aprì e Romina entrò. Poi la nebbia si rifece densa, isolando di nuovo la casa. "Dunque ti aspetteremo per le otto di stasera" disse un uomo emaciato a Romina.
"Grazie, non vedo l'ora di conoscere la piccola" continuò la ragazza, torcendosi nervosamente le mani dietro le spalle. "Eccola" riprese l'uomo, sedutosi su una poltrona che dava su un camino spento. Una piccola e graziosa bimba fece il suo ingresso nella stanza "Adoro le tate papà" canzonò. Poi il portone si richiuse con un tonfo e i corvi si appollaiarono di nuovo sul tetto come tanti piccoli pezzi di dama su una lugubre scacchiera di morte. L'uomo si alzò dalla poltrona avvicinandosi alla finestra. Una sola cosa balenava in lui, dal cuore ormai morto e inaridito alle estremità aguzzamente avide dei canini, era un padre esemplare. E intanto Romina rimuginava sui passatempi che avrebbero intrattenuto la piccola o su cosa avrebbe potuto cucinargli. La piccola d'altro canto aveva già scelto con chi cenare.
Sono un ragazzo di 22 anni che ama leggere e sogna di diventare scrittore, tutto qui.