Lamia

Ti capita una volta nella vita. Una. Dici ci provo, mi butto e sei lì che ti sembra incredibile. La più bella dell’università è a cena con te. È simpatica. Ha i capelli ondulati, ti guarda tra le ciocche mosse, sottili, ti guarda negli occhi.
Mangiate, tu cerchi di non sembrare vorace, mangi con calma, lei sembra un uccellino pensi, mangia poco. Ridete, scherzate, tornate verso casa e tu le proponi di bere una cosa da te e non ci credi, sale da te. Dopo cena è sul tuo divano. Parlate, ridete, vi baciate, le sfili i vestiti. Ha la pelle levigata, ti bacia il viso, ti parla e tu senti il profumo e da qualche parte dentro di te pensi sia quella giusta. Fate l’amore, le sue unghie nella carne come artigli, le labbra umide, per un istante ti sembra stia piangendo, ma ti piace così tanto che ti ritrovi con gli occhi chiusi come non hai mai fatto in tutta la vita con nessuna, mai.
Poi fate ancora l’amore, poi ancora ed è mattina e lei va via e torna sempre per settimane e va via mentre dormi e ti lascia sul comodino post-it pieni di parole. Ti sembra ogni giorno più incredibile, una mattina trovi scritto: “ti amo e questo è un problema” su un post-it e tu le scrivi un messaggio, quindici messaggi tutti sul frigorifero e sul tavolo e sul muro, anche io.
Vi lasciate sempre biglietti. Lei ti scrive che ha paura che tu possa non amarla completamente, ti scrive ti amo all’inizio e alla fine, sempre. Tu le scrivi che la ameresti qualsiasi cosa lei faccia. Lei ti scrive ti amo ogni volta che ti dice ho paura, paura che se la conoscessi davvero scapperesti dice. Tu le scrivi di no, di smetterla, le scrivi che è stupenda e il suo odore ti ha reso libero. Lei scrive che mai, prima di te, facendo l’amore ha avuto la sensazione di volare. E lei, sa volare, ti scrive. Tu ridi, è così bella che ci crederesti quasi.

La mattina dopo il tuo ultimo post-it, al bar dove andate sempre dopo aver fatto l’amore, non si presenta. Non ti risponde. Non ti richiama. È come se un muro fosse stato eretto su fino al cielo, tu non te ne capaciti. Non c’è verso per far si che tu ti dia pace.
Le giornate trascorrono, il divano è immobile, il tavolo non ha più birre e cocktail, non fai più colazione al bar e tu non riesci a piangere più perché non hai più lacrime e continui a cercarla ovunque, in strada, all’università. L’odore. Il suo odore che aveva un colore preciso, il blu, e il suono del mare, è la lama del coltello che gira nel tuo cuore e ti manca, sei dentro una voragine di nostalgia blu. Ti ha reso sinestetico, un senso che reagisce e che muove pure gli altri.
Inizi a credere sia stato un sogno, inizi a perdere le speranze e il tempo passa, i giorni corrono e tu dimagrisci.
Poi, un pomeriggio, all’università, l’odore. Il blu, il mare. Sei all’università, giri la testa, la giri quasi che ti spezzi il collo, corri verso il corridoio davanti a te e te la trovi a camminare vicino al muro, lenta. La vedi lì con i suoi occhi limpidi, calma e la bocca con le sue labbra perfette piegate verso terra. Le corri incontro, la tocchi, si gira ti guarda negli occhi. L’odore ti riempie subito il buco nel cuore. Respiri di nuovo a pieni polmoni, sorridi anche se vorresti piangere di gioia.

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ANTOLOGIA ALIENA... LA TERRA È SOTTO ATTACCO!
Per secoli, l’umanità ha scrutato il cielo in cerca di risposte, domandandosi se siamo davvero soli nell’universo. “Alieni cattivi” esplora proprio questa dimensione: 20 racconti che ridanno vita a quel timore primordiale, portandolo nel cuore della nostra quotidianità. Ogni storia è un viaggio in un incubo diverso, dove l'invasore non arriva sempre dallo spazio profondo, ma si annida anche tra le pieghe della realtà che conosciamo. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi arricchiti con 20 illustrazioni.

Lei prova a piangere ma è veloce, scaltra, si ricompone nel tempo di un battito di ciglia e si gira e se ne va. La segui, segui il profumo, corri davanti a lei, alzi la voce, la gente ti guarda. Ma lei no. Lei accelera e guarda a terra.
Allora tenti l’ultimo tentativo. È l’unica opzione pensi. Gridi il suo nome, apri una delle grosse finestre dell’università, sali sul davanzale e gridi che se non hai la tua motivazione, se non hai una spiegazione chiara, ti ammazzi. Ti ammazzi da lassù e tutti devono vedere la poltiglia in cui l’amore ti ha ridotto.
Lei ti fa cenno di scendere, tu dici di no, dici che vuoi sapere subito il perché. Ma lei ti dice che non può, non lì, non davanti a tutti. Allora lei ti dice ok, ti dice che sarebbe passata per solo un minuto a casa tua, sul divano, lì un minuto poi basta perché solo lì può dirtelo. Tu vorresti ancora buttarti, non le credi, vorresti buttarti giù davvero. Muovi un piede fuori dalla finestra e le gridi giuramelo, le gridi devi giurarmelo o mi ammazzo e le ossa dovranno essere polverizzate per cancellare il ricordo di lei. Così lei te lo promette e tu scendi e la guardi andare via ma l’odore ti resta.
Sei lì che aspetti la sera, ti sembra un’eternità aspettare le ventuno e trenta.
I minuti li conti, li conti con il pensiero fissando l’orologio nel salone, davanti al divano e ti ricordi di quando le lancette erano liquide mentre facevi l’amore con lei e il tempo scorreva al ritmo dei vostri movimenti.
Arriva puntuale. Senti l’ascensore chiudersi, i passi fuori dalla porta e apri prima che bussi, sei come un cane con i sensi potenziati ma dal desiderio disperato.
Piange. Il suono del pianto ti sembra un’eco, sottile, leggero. Ti dice che ha solo un minuto, che è per il tuo bene. Piange con il viso tra le mani, non ti ha mai più guardato negli occhi. Cerchi di levarle i polsi dal viso per guardarla ma lei ti grida di non farlo.
Si calma, ti batte il cuore. Parla.
– Io. Io... Sono una Lamia e non posso amarti.
Tu la guardi. Non capisci. Non sai cosa significa “Lamia”.
– Non devi mai più cercarmi. Devo andarmene. Perché nessuno può governare la mia natura.
Continui a non capire. Le chiedi cosa sia una Lamia, magari fa parte di qualche setta, di qualche associazione di testimoni di Geova e si è pentita di essere venuta a letto con te. Magari pensi abbia un padre ortodosso e quindi le ha tolto ogni possibilità di vederti, ricattandola di rinchiuderla in casa e non pagarle gli studi. Ma andrebbe bene, troveresti il modo. O forse pensi una Lamia sia una categoria protetta che non conosci, una categoria con qualche malattia congenita. Ecco forse morirà, non avete ancora figli quindi, pensi, morirai anche tu, pensi che saresti disposto a morire e se la Lamia fosse una categoria di persone con malattie neuro degenerative, te ne prenderesti cura fino alla fine. O forse è destinata in sposa a un terribile boss mafioso, un criminale che adesso vuole ucciderti. Ma non ci sarebbe problema, pensi.
– Ho resistito perché credo di averti amato. – Dice.
E da che era immobile, e tu ti avvicini e la accarezzi, le dici di guardarti ed è un attimo, un istante e la sua bocca si apre più del normale e i denti si allungano e le mandibole sembrano quelle di un serpente.
La vedi così la segui trasformarsi i piedi e le gambe sode in zampe lunghe e magre e il corpo si gonfia, il petto si gonfia ed escono piume e sul viso dai lineamenti disegnati le vedi crescere un becco largo e la bocca diventa gigante e le braccia che sapevano stringerti diventano grosse ali con unghie appuntite. Gli occhi si ingrandiscono. Restano gli stessi ma li vedi il doppio più grandi, pensi addirittura al triplo più grandi e ci vedi la paura mescolata all’istinto.
La bocca si apre e si chiude diverse volte, le ali battono e sale su verso il soffitto per poi scagliarsi sul tuo petto. Ti becca il collo, ti strappa piccoli lembi di carne mentre tu resti impassibile, la ami, è un incubo ma la ami, l’odore non cambia è blu sa di mare e anche se il dolore sale e senti odore di sangue le dici: – ti amo. – Lo ripeti quindici volte, con il becco ti rompe un dente.
E lo vedi negli occhi grandi che ognuno di quei “ti amo” a lei, da qualche parte, arriva.

Rallenta il battito delle ali, poco meno vigoroso. Ti sanguina la faccia e ti mancano dei denti, la carne lacerata sul petto pulsa. Lei si calma e le zampe tornano sode e abbronzate e i capelli tornano mossi il viso è il suo lo riconosci ora piange disperata cercando di non guardarti. Corre via.
Tu sanguini. Hai perso anche un dito e il dolore ti fa alzare in piedi a fatica. Ma ce la fai. Lei singhiozza sulla porta, ti dice che non vuole vederti mai più, che questa è lei che ha resistito che non può più e tu sorridi con la fronte insanguinata sorridi con i buchi nei denti e le dici di stringerti la mano, di non avere paura che va bene se riesce a non ucciderti va bene che tu sia martoriato, può funzionare. Le dici voleremo insieme se lo vorrai, le dici che nelle notti belle magari riuscirete ad arrivare al mare e che se non ti uccide vivrete una vita insieme.
Lei ora piange a dirotto. Si accascia a terra, struscia la porta e ti accorgi che ripete: – ti amo.
Ti avvicini, le cingi il corpo, la prendi in braccio, la adagi sul divano, la accarezzi e vi addormentate. Al c’è qualche piuma sul divano. Due enormi occhi cattivi ti fissano, ali spalancate, le zampe squarciano il divano, sempre lo stesso profumo. Tu le dici: – ti amo.
Non ti muovi, ti alzi cauto e apri la finestra. Con le mani le fai cenno di calmarsi. La guardi. Sali sulla finestra.
– Mi butto. Salvami.
Guardi lei, poi di sotto. Le sue zampe di rapace picchiettano dal divano al pavimento e si avvicinano, ti sembrano goffe e questo è in contrasto con tutto il resto.
Lasci un piede nel vuoto. Ha gli occhi contornati d’argento, le sorridi.
Ti butti.
Il volo dall’ultimo piano te lo immaginavi più lungo. L’aria spinge sul petto. Cadi nel vuoto, voli, prendi velocità. D’istinto hai le mani sul viso, sei lì che sai che comunque saresti morto. Poi la schiena sbatte su delle piume e della carne che sa di bestia e di mare. Torni su sopra il palazzo, superate le antenne, le ali sbattono e il vento vi spinge in alto.
Siete in cielo, domani farete la spesa al supermercato e al negozio di animali, ti farai ricostruire il dente, comprerete acqua ossigenata e bende, ricucirete il divano e imparerai a tagliarle le unghie, vedrete il mare dall’alto finché vecchi, morirete, comodi, nel vostro nido.

Andrea Fassi

Nasco a Roma il 21 febbraio 1984 e sono appassionato di letteratura fin da ragazzo, scrivo invece per piacere da circa dieci anni. Ho iniziato ad avvicinarmi alla scrittura partecipando a concorsi letterari con racconti di vario genere. Collaboro con il magazine “Dentro la Lampada” dove ho pubblicato 3 racconti a puntate dal titolo “Nero”, “Il caffè del Diavolo” e “Freddo”.
Fino al 2022 ho collaborato al bimestrale “Il cielo sopra Esquilino” con la rubrica “Esquisito” e ho scritto di gelato per il sito web di food “La cucina Italiana”.
Ho da poco avviato una newsletter sulla piattaforma Substack nel febbraio 2024 intitolata SottoZero, dove ogni due settimane “scongelo” ricordi sotto forma di brevi racconti o flusso di coscienza, con l’obiettivo di usare la memoria come leva di scrittura. Inoltre ogni martedì seguo la rubrica “Colazione da Fassi” per il magazine “Dentro la Lampada”.
Amo Lovecraft più di ogni altro autore, e ovviamente Poe e King.
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