Preferisci
la punizione?
Preferisci soffrire eternamente? O internamente?
Gioia uscì a prendere una boccata d'aria, nella stanza c'era troppo fumo. Il seno
della vittima le rimbalzava ancora davanti agli occhi. Le parole di Peter ritmavano gli
squarci che la lama infieriva alla carne martoriata della ragazza senza nome morta
sull'altare. Uno sbuffo di fumo esalò dalla sua bocca increspata da un ghigno voluttuoso.
Non si era accorta che Fedor le era dietro. In silenzio.
"Mi hai messo paura" disse Gioia.
Fedor non poté fare a meno di sorridere.
"Tu non dovresti avere paura".
Gioia si allontanò da lui. Le dava fastidio la presenza di quel russo slavato troppo
vicino. La guardava mellifluo, c'era un che di affettato nel suo muovere le mani, nel
gesticolare con la sigaretta. Le unghie ricurve a uncino, le dita troppo grosse come
salsicce strizzate. L'aveva osservato attentamente mentre squarciava il ventre delle
vittime, mentre ne estraeva le interiora fumanti. Stringeva gli organi interni gelatinosi
con una delicatezza eccessiva. Avrebbe potuto far schizzare brandelli di materiale
organico sulle pareti del casale, e invece riponeva i fegati, i polmoni, i cuori in
ampolle trasparenti che poi caricava nel portabagagli della sua vecchia FIAT. Scompariva
nella pianura coperta di nebbia. L'unico rumore il tubo di scappamento che scoppiettava.
Gioia pensava sempre che quel motore avrebbe avuto bisogno di una buona controllata. Secondo
me brucia olio. Poi si stupiva delle sue riflessioni. Non le era mai interessato
niente di motori, né tantomeno della FIAT di Fedor. Un po' come quando ci si fissa su un
particolare e lo si associa ad un'immagine. Ogni volta che si osserva quel particolare o
si compie un gesto correlato non si può fare a meno di visualizzarne l'associazione.
"Io torno dentro. Fa freddo" disse Gioia.
Lanciò un'ultima occhiata all'orizzonte frastagliato. In fondo, vicino la linea
dell'orizzonte, ricordò esserci uno sparuto gruppo di alberelli. Era lì sotto, con la
schiena appoggiata alla corteccia flessibile di uno di quegli alberi, che Peter l'aveva
presa e le aveva estratto Dio e il suo figlio dalle viscere.
Attorno al casale c'era la desolazione deformata di una terra di nessuno ancora
incontaminata. Le strade sterrate piene di pozze fangose. Insetti, rospi, pallidi uccelli
che correvano a rifugiasi nei loro umidi nidi costruiti tra le travi fradice di qualche
casale abbandonato.
La differenza termica dall'esterno all'interno era considerevole. Gioia si sbrigò a
togliersi la giacca e a buttarla in un angolo. L'interno cadente era illuminato solo da
candele ormai ridotte a mozziconi. Il sangue dappertutto. Le ampolle di Fedor ben
allineate lungo il muro maestro.
Peter stava scopando con una delle nuove adepte. Gli altri facevano cerchio intorno ai due
amanti. Qualche tempo prima era stata lei al centro dell'attenzione, era lei a farsi
sbattere davanti ai personaggi più eminenti della congrega. E da quella mercificazione
della sua vulva aveva tratto un piacere solo vagamente paragonabile alla soddisfazione di
uccidere.
Verrà anche per te il momento dell'anonimato, pensò Gioia riferendosi alla
ragazza a pecora intenta a farsi sodomizzare dall'uccello sproporzionato di Peter.
Arriva per tutte il momento di essere relegate in un cantuccio, di diventare
invisibili. Quello è il momento in cui Fedor l'avvoltoio ti rotea intorno pronto a
banchettare con gli avanzi.
L'atto sessuale era giunto al suo culmine. L'estasi violenta dei guardoni prorompeva
in urli animali. Qualcuno di masturbava avidamente. I muri umidi del casale rimbombavano
di incitamenti e ululati. Fino all'orgasmo di Peter. Gioia osservò gli zampillii bianchi
prorompere dal suo pene e il seme gocciolare sul viso della ragazza come un tempo era
colato dalle sue guance enfiate.
"Io me ne vado" disse ad un biondo del quale non sapeva neanche il nome.
"Credo che il capo voglia parlare con lei".
"Digli che non posso stare ad aspettare che si scopi tutto quello che respira".
"Non penso che questo gli piacerà
"
Non me ne frega un cazzo di quello che gli piacerà.
"Qualcuno dovrà pulire quello schifo" disse Gioia indicando la carcassa della
ragazza massacrata in sacrificio.
"Se vuoi ti accompagno" fece Fedor, che ancora una volta le era arrivato alle
spalle silenzioso come un killer.
"La fai finita di apparire dal nulla?" lo rimproverò.
"Carico la macchina"
di organi umani
"e posso
accompagnarti a casa". Le sue unghie uncinate le accarezzarono il polsino della
camicia. Lo macchiarono di rosso.
"Vado da sola. Qui dentro c'è puzza di scannatoio" sibilò Gioia.
"Questo è uno scannatoio" disse Fedor.
Il suo fiato appannava il parabrezza. Il grasso trasudato dalle sue
dita aveva lasciato un disegno sul vetro e ora con la condensa tornava a rivelarsi. Un
viso sorridente.
Devo averlo fatto mille anni fa.
Le sembrava di vagare in un pianeta sconosciuto, unica superstite di un'astronave
precipitata sul suolo straniero. Le luci della superstrada la fecero tornare alla realtà.
Davanti a lei due bambini la salutavano dal lunotto posteriore dell'utilitaria dei
genitori. Prendendo la rivoltella nel cassettino avrebbe fatto saltare loro la testa in un
secondo. O forse il suo parabrezza e quello della vettura davanti avrebbero deviato la
traiettoria del proiettile?
Si sentiva improvvisamente stanca. Fisicamente stanca, nauseata dalle violenze alle quali
assisteva da troppi anni. Peter mi ha detto che sono nata per questo. Disossare un pollo e
un essere umano non è molto differente. Se dimentichi il disgusto e i conati di vomito. E
lo scricchiolio delle lame sulle ossa. E l'odore di carne cruda che ti si appiccica ai
vestiti.
Teneva gli occhi aperti a fatica quando parcheggiò nel cortile sotto casa. In città
faceva più caldo e si slacciò la chiusura lampo della giacca.
Le telecamere poste davanti all'appartamento di Vortice si mossero nella sua direzione con
un ronzio metallico. Gioia fece un cenno di saluto all'obbiettivo.
La porta dell'appartamento di Vortice si spalancò sul nero della notte. All'interno un
pozzo oscuro, Gioia distingueva solo il profilo di una sagoma indistinta.
"Ho sviluppato le foto" disse lui. "Vuoi vederle?"
Gioia sorrise. "Magari un'altra volta. Sono molto stanca".
"Hai il polsino sporco di sangue" disse Vortice.
"Vengo dentro a lavarlo, posso?"
Vortice gestiva un sito chiamato Kamasutra on-line e si divertiva a ricreare le immagini
del Kamasutra con fotografie il più possibile blasfeme. Lei aveva posato nuda mentre
cavalcava un crocefisso. Faceva finta di masturbarsi, gli occhi chiusi e la testa
all'indietro come un cadavere. Il tutto organizzato una sera al vicino cimitero su una
tomba monumentale. Perversioni di un perdente affascinato dalla cultura dark, questo era
il sito di Vortice.
"Hai un seno fantastico" disse Vortice.
"Avevo i capezzoli dritti, con quel freddo".
"Ti andrebbe di partecipare ad una seduta spiritica una sera di queste?" chiese
Vortice.
Gioia sorrise, ingenua.
"Non mi piacciono le messe sataniche e simili" mentì. "Belle le
foto".
La casa dei suoi genitori era compressa in un'imbottitura d'ovatta. Odore d'incenso,
foglie secche bruciate. Camminò con passi felpati oltre il corridoio. Diede un'ultima
occhiata al polsino sporco che aveva adeguatamente ripulito a casa di Vortice e procedette
verso la sua camera. I suoi erano seduti sul divano del salone, uno davanti all'altra
perfettamente in silenzio.
"Dobbiamo parlare, signorina" disse suo padre.
Gioia indossò la maschera della figlia modello e si sedette con i genitori.
"Stanno succedendo delle cose che non ci piacciono" cominciò sua madre.
"Ci ha telefonato Don Mario per comunicarci che non stai più frequentando il gruppo.
Lo sai quanto ci teniamo. Lo sai quanto ti fa bene parlare con i tuoi coetanei".
Il gruppo era una comunità di verginelle che raccontavano a Don Mario delle loro prime
esperienze sessuali. A turno a fine seduta lo masturbavano. Verginelle tutte ex
alcolizzate o orfane o con anni di riformatorio alle spalle. Gioia apparteneva alle ex
alcolizzate.
"Dopo che sei uscita dalla comunità Don Mario ti ha aiutato tanto. Noi ti abbiamo
compreso e accettato di nuovo in casa. Perché vuoi fare del male al nostro parroco e
quindi a Gesù?" disse suo padre. La sua tranquillità la terrorizzò.
"Sto cercando di vivere anche fuori dall'oratorio" disse Gioia. "Ho
ventidue anni, credo sia giusto allontanarsi dalla chiesa".
Sua madre di mise le mani sul volto. "Non sai cosa dici" le disse.
"Hai dimenticato la punizione. Forse è troppo tempo che non accogli più il Signore
dentro di te" ringhiò suo padre.
"No, papà".
"Ne hai bisogno". Si alzò. Torreggiava su di lei come un angelo caduto. Gli
occhi infiammati dall'ira, la collera divina nelle sue mani nodose di contadino. Ex
contadino. Era un ex anche lui. E sua madre, che ex era?
"Da domani tornerò da Don Mario" piagnucolò Gioia.
"E' necessario" disse sua madre mentre abbassava le serrande e alzava il volume
del vecchio stereo del salone. Una stazione qualsiasi, una canzonetta qualsiasi.
"Girati" ordinò suo padre.
"No, no". Ora piangeva.
Suo padre la prese per il collo e la forzò a mettersi carponi sul tappeto lercio. Sua
madre le abbassò i pantaloni. Gioia chiuse gli occhi.
Qual era il nome della ragazza che abbiamo scannato oggi pomeriggio? Come l'abbiamo
trovata?
"In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" pregò suo padre. La
mamma si fece il segno della croce, tra le mani giunte un rosario.
La prima frustata le fece sbattere la faccia contro la lana del tappeto.
"Accogli Gesù dentro di te?"
Seconda frustrata. Più forte, sulla piaga della precedente.
Gioia urlò.
"Ami Gesù con tutta stessa?"
"Ave Maria piena di grazia
" sua madre.
"Gesù morendo si è fatto carico di tutti i nostri peccati. E' il figlio di Dio che
si è fatto uomo
" suo padre.
I denti stretti. I pugni serrati.
Sarà morta appena Fedor le ha aperto lo stomaco?
"Accogli Gesù dentro di te!!!" urlò suo padre. Una mano enorme le si
introdusse nella vagina. Sulle grandi labbra avvertiva i grani del rosario che le
penetravano dentro.
Perché Vortice ha usato una croce per le foto? Non era meglio il rosario di mio
padre?
"Ingoia il serpente. Dio, perdonala!"
Lacrime amare le scendevano in gola. Mille mani divine le premevano la schiena. Preghiere
vecchie di anni riecheggiavano tra i mobili impolverati, il divano logoro, la pelle
rinsecchita dei suoi genitori. La voce dell'uomo. La voce di Dio. Un angelo caduto che
rifiuta la sua condizione terrena. Gioia pensò al momento del suo concepimento.
"Il corpo di Cristo" latrò il caro paparino. Le dita spalancate nella sua fica,
le mucose lacerate. Puzza di sangue e liquidi organici.
Mi sto cacando sotto dal dolore?
"Ringrazia il Signore. Ringrazialo perché vivi. Ora e sempre. Nei secoli dei
secoli".
Anche questo è uno scannatoio, vero papà?
Amen.