Fin da
piccola aveva riscontrato il suo problema. Ovvio, vista la sua giovane età, e quindi la
sua statura, il suo disturbo si esprimeva tramite casi di sua portata, ovviamente.
Un giorno aveva visto morire il suo criceto. Si era incastrato tra una sbarretta della sua
piccola gabbia, e quando se n'era accorta, era rimasta immobile, il suo cuore aveva
cominciato a battere violentemente, poteva quasi distinguere il numero dei suoi battiti
percependoli dalle tempie, dai polsi, dal petto. Non sorrideva. Ma avrebbe voluto urlare.
Urlare per la stupenda sensazione che la stava avvolgendo appena aveva fatta quella
scoperta così deliziosa. Il topo si dibatteva, si agitava e i suoi occhi neri solitamente
lucidi e brillanti cominciavano a farsi opachi, la loro fuoriuscita dalle orbite non si
arrestava. Immaginava che da un momento all'altro si sarebbero staccati del tutto e
sarebbero caduti sul parquet con un pesante tonfo sordo. Immaginava quelle piccole e
rotonde palline rotolare da una parte all'altra della sua stanza. Sotto il suo letto,
dietro l'armadio. Ora sorrideva, eccome. Anzi rideva, e lo sguardo straziante di
quell'incredibile strumento di piacere non faceva altro che allietarla. Ad un certo punto
l'agonia della vittima cominciò a cessare, lentamente. Quel corpo cominciò ad
irrigidirsi. Poi fu tormentato solo da alcuni impercettibili spasimi, da leggerissime
vibrazioni, scatti. Poi tutto finì. La sua emozione era arrivata al pieno orgasmo, ed era
delizioso.
Da quell'esperienza in poi non aspettò più che i suoi cari e piacevolissimi amici
andassero a cercarsela da soli. Cominciò ad aiutarli, facilitandoli la loro impresa,
anticipandogliela. Questa volta toccò al suo cagnolino il compito di allietarla. Lei
credeva che il suo dolce aiutante ne sarebbe stato pienamente all'altezza. E fu così,
anche al di fuori delle sue aspettative. Durante l'agonia del suo piccolo amico, la sua
mente galleggiava nell'euforia, nell'esaltante emozione che le stava facendo affiorare
delle lacrime sui piccoli occhi fissi sul cane. Il veleno con cui aveva impastato
l'appetitoso cibo per il suo cagnolino terminò il suo effetto dopo mezz'ora circa, e quei
trenta minuti furono i più euforici che avesse mai piacevolmente vissuto fino ad allora.
Poi tutto finì. Compiaciuta, e con addosso una sensazione di totale benessere se ne andò
tranquillamente a giocare.
Continuò così la sua vita, allietata e compensata da momenti euforici ed eccitanti, e
normalmente caratterizzata da una persistente apatia.
Erano anni ormai che la sua apatica routine non veniva interrotta da uno di quegli intensi
archi di tempo.
Conduceva una vita molto solitaria e tranquilla.
Fu un episodio specifico a segnare quasi sicuramente il suo destino disturbato.
Era a casa e mangiava e rileggeva e rileggeva dei vecchi fumetti che aveva sempre avuto.
Era soleggiato quel giorno. Guardò fuori dalla finestra dal vetro opaco e polveroso. Il
suo cuore prima diede quasi cenno di fermarsi da un momento all'altro. Poi cominciò a
battere con foga. C'era un ragazzo che camminava per la strada. Da solo. Ora guardava
quella figura deformata al di là del vetro e si accorse di essere osservato, anzi, di
essere fissato quasi fosse qualcosa di proibito. Lo vide avvicinarsi verso la sua porta.
Poi sentì dei colpi che provenivano dal vecchio e arruginito battente dell'ingresso. E
staccò gli occhi dalla finestra. Si avviava verso la porta, e tramite il vetro vedeva una
sagoma confusa, e alta. Era eccitata, euforica. Gli aprì con un gigantesco sorriso sulle
labbra e vide che altrettanto stava facendo il ragazzo. Lui gli chiese qualcosa e lei
senza neanche sentire cosa volesse quel suo nuovo amico, senza neanche voler sapere il
perché di quella sua visita, senza neanche voler sapere chi fosse, lo condusse sul retro
della sua casa e poi tutto continuò velocemente e confusamente. Ancora una volta dopo che
tutto fu finito, il mondo cominciò a riprendere la sua apatica andatura. Ricordava da
quanto fosse stata lì quella forca da paglia? Possibile da sempre, e senza che se
accorgesse mai? Comunque dopo che questo interrogativo le si pose, si ricordò
improvvisamente a cosa era dovuta quella straordinaria sensazione di estasi. Guardò quel
corpo e tranquillamente ne estrasse dal collo e da una parte del viso la forca. Percepì
un leggero e piacevolissimo suono di ossa e cartilagine che strusciavano sul ferro
mangiato dalla ruggine. I suoi occhi completamente rovesciati ed ancora aperti non
lasciavano intravedere la cornea. Ricordava che quel ragazzo avesse gli occhi neri, vero?
Non lo ricordava precisamente, quindi per assicurarsene posò l'indice sulla sostanza
grigia ed opaca, viscida e molle e fece ruotare l'occhio fino a quando comparve anche la
pupilla. L'occhio era nero. Ricordava bene.
Quella era stata la prima volta che per provare piacere si serviva di un uomo, e
ovviamente non sarebbe stata affatto l'ultima.
Un giorno normalissimo fu toccata dal piacere più intenso che avesse mai provato in tutta
la sua apatica vita.
Non aveva forse sentito dei rumori provenienti dal retro della sua casa? Voci forse? Uscì
correndo dalla porta, lasciando dietro di sé il rimbombo che fece quando si richiuse. Non
si accorse che rideva, se ne accorse solo quando fermandosi nel retro della casa e
vedendolo vuoto, si fermò davanti una vecchia finestra. Il vetro era rotto in uno dei
quattro riquadri divisi da del legno marcio, era crepato ed opaco. I suoi occhi allora si
illuminarono ancora una volta, si fissarono. Si fissarono sulla finestra che la stava
riflettendo nitidamente. Si fissarono sulla sua immagine. Non si accorse nemmeno che le
sue mani erano ora intente nella ricerca di qualsiasi cosa potesse arrecare del piacere
intenso. Ora posò lo sguardo sul risultato della ricerca delle sue mani. Era un lungo
bastone di legno impolverato appuntito in entrambe le estremità. Pensò confusamente che
in passato fosse servito da sostegno per un giovane albero. Ora avrebbe sostenuto
solamente lei. Lo poggiò nel centro della sua gola rigonfia a causa della pronunciata
tiroide. Si piegò in avanti. Gli occhi fissi sulla sua immagine stupenda. Non era forse
stupenda in quella situazione? Non era forse bellissima? Aiutandosi con le mani e con una
spinta in avanti, cominciò la penetrazione del piacevolissimo oggetto nella sua gola, e
com'era caldo il sangue che le sgorgava velocemente sui seni calanti privi di sostegno,
sulla pancia rigonfia, sulle gambe pelose. Lo sguardo fisso sulla sua stupenda immagine,
sulla sua deliziosa immagine. Non vi distaccò gli occhi neanche quando tutto come sempre
finì.