Mi sembra
tutto un brutto sogno, uno di quelli che quando li racconti, il giorno dopo, ti ci fai una
grossa risata. Ma non riuscirò mai più a ridere, non fa parte della mia natura. Se solo
non fossi stata così sciocca, tutto questo non sarebbe mai accaduto, amore mio, lo sai
anche tu, vero? Ma è meglio cominciare da principio.
Dopo tanti anni di sacrifici eravamo riusciti ad organizzare un viaggio in Giappone. Il
nostro sogno finalmente si stava realizzando e avevamo pianificato tutto nei minimi
dettagli. Prima tappa Kobe, per poter salutare Atsuko, che non vedevamo da quando era
rientrata a casa dalla sua sfortunata avventura italiana. Poi Tokio. Infine Kyoto... ed è
stato proprio lì che la mia realtà si è trasformata in un incubo nero. Quando ci siamo
fermati in quella pensione, poco fuori dalla città, non erano previste deviazioni dal
percorso stabilito, ma poi, parlando con il vecchio proprietario (erano finalmente servite
a qualcosa quelle lezioni interminabili di Giapponese!) sei venuto a conoscenza di un
luogo particolarmente interessante per te: la Via dei Ragni. Solo a sentirla nominare ebbi
un brivido lungo la schiena. In quel momento pregai così intensamente come mai avevo
fatto in vita mia e ho pensato "mio Dio, ti prego, non farglielo dire, non fargli
nemmeno pensare di trascinarmi in un posto con quel nome, ti prego..." e invece tu ne
fosti affascinato.
Il sig. Mastushita ci disse che una leggenda raccontava di un vecchio ponte che portava ad
un tempio dedicato ad un'antica divinità la cui origine si perdeva nella memoria delle
genti. Masamune, il dio-ragno, un demone implacabile che amava i suoi figli a otto zampe e
che dispensava terrore tra le genti. Nessuno sapeva veramente se al di là del ponte
esistesse davvero una tale costruzione, ma di certo si sapeva che chiunque l'avesse
raggiunta ne avrebbe ricevuto in cambio onore e poteri immensi perchè Masamune premiava
sempre i coraggiosi. Ci disse anche che sul ponte si poteva trovare una stranissima specie
di aracnide, il cui addome rigonfio riluceva di un bellissimo azzurro. Nessuno ne
conosceva veramente l'origine e in molti erano venuti a studiarne il comportamento.
Compresi subito che saresti stato irremovibile, saresti andato al ponte e avresti passato
il pomeriggio successivo a studiare i ragni, la tua passione. Il mio terrore.
Partimmo presto, il sole era appena sorto nel cielo, ma una spessa coltre di nubi già si
addensava all'orizzonte. Quelle foreste non mi sembravano più così invitanti. Innanzi al
ponte cominciai a pregarti di tornare indietro e tu mi dicesti di rimanere lì, ferma ad
aspettarti, ma l'atmosfera del luogo mi spinse ad avanzare con te, non avrei passato un
minuto in più tra quegli alberi. Mi sentivo minacciata. Avanzammo lentamente e tu
cominciasti ad esplorare ogni fenditura nel legno, fino a quando io non interruppi le tue
osservazioni con l'urlo più sonoro che i miei polmoni potessero produrre. Una di quelle
schifose bestie mi si era calata sul polso. Non fece in tempo a muovere una zampa che
venne schiacciata con tutta la forza che avevo in corpo. In quel momento vidi solo un
lampo balenare nel cielo. Poi il buio. Quando mi risvegliai in ospedale tu eri vicino a me
e mi tenevi la mano. I dottori dissero che avevo avuto un piccolo malore, ero
semplicemente svenuta per lo stress, ma non era così. Lo scoprii al mio rientro in
Italia. Cominciarono gli incubi. Continuavo a vedere quegli schifosi ragni arrampicarsi
ovunque. Mi ci vollero due mesi di terapia per capire il perchè dello svenimento.
Migliaia di quelle piccole zampette avevano camminato su di me non appena ebbi schiacciato
il loro compagno, in un convulso di impeto di vendetta. Quando ti dissi che sapevo quello
che mi era successo mi confessasti che ti ci vollero più di venti minuti per tirarmi
fuori dalla morsa dei ragni. Venti minuti che cambiarono la mia vita per sempre. Ma i
danni psicologici erano solo l'inizio del mio calvario. Anche il mio corpo iniziò a
cambiare, i miei sensi per prima cosa. Mi sentivo debole e non sopportavo più la luce del
sole. Persi l'appetito.
Quando non mi feci sentire per più di due settimane decidesti di venire a vedere cosa mi
fosse successo e ti fu fatale. Ora capisci tutto, vero amore mio? Mentre vedo il rilesso
del mio addome azzurro nei tuoi occhi ti concedo un ultimo feroce abbraccio.
"sshshhseei dolcisshhhimmoo ammmoorrrrrrrree!".