Ogni
volta che una nave giunge in porto, i suoi marinai si precipitano nelle bettole costruite
lungo le banchine per bere e parlare. Se gli offrirete un po' di vino, vi riveleranno il
luogo preciso dove si sono inabissati galeoni spagnoli colmi di immensi tesori, vi diranno
dove hanno visto incagliarsi molte navi dopo che il loro equipaggio era stato ammaliato
dal canto delle sirene e vi intratterranno con altre mille leggende ancora.
Anche mio nonno ne conosceva una, forse un po' troppo romantica per un vecchio lupo di
mare come lui, ma ha avuto solo nipoti femmine, perciò si è dovuto adattare ad un
pubblico che amava le storie d'amore.
Come molti racconti di mare ha inizio con l'arrivo di una tempesta.
Un forte vento si levò all'improvviso, dopo dieci giorni di bonaccia.
In pochissimo tempo il mare si riempì di onde altissime, finché un gigantesco muro
d'acqua travolse l'imbarcazione, seppellendo in un istante l'intero equipaggio. Aggrappato
ad un barile, il marinaio osservò impotente la nave inabissarsi e i suoi compagni
scomparire tra le onde. Maledì il vento che solo allora cominciava a placarsi, mentre il
cielo notturno poco a poco si rischiarava.
In lontananza scorse un'isola verde, allora nuotò con le poche forze che gli erano
rimaste, sperando che il sangue che perdeva da un fianco non attirasse gli squali. Non
appena sentì la sabbia sotto il suo corpo, tentò di alzarsi, ma ricadde al suolo
esausto, dopo aver fatto solo qualche passo. Credette di delirare, quando gli sembrò di
sentire una dolce musica di flauti e di veder ballare donne bellissime, ricoperte di
candidi veli.
Era il solstizio d'estate e al giovane ritornò in mente sua nonna che gli raccontava che
in quella notte poteva accadere di tutto, perfino che le Ondine, le ninfe del mare,
ballassero sulle spiagge di alcune isole incantate, inondate dai raggi argentati della
luna.
Il naufrago si accorse all'improvviso che una fanciulla aveva smesso di ballare e gli si
stava avvicinando. La sentì parlare tutte le lingue del mondo, finché non riconobbe la
sua. Gli sembrò allora di ascoltare una donna del suo villaggio che cantava una vecchia
ninna nanna, sussurrandogli che la ferita si sarebbe presto rimarginata. Cullato dalla sua
dolce voce, finalmente si addormentò.
Al suo risveglio si ritrovò solo, ma al riparo di una grotta e con il fianco destro
fasciato. Nei giorni successivi si organizzò per passare mesi, forse anni, sull'isola. Si
costruì una canna da pesca, una lancia per cacciare e un letto di morbide foglie.
La notte del solstizio d'inverno successivo il marinaio sentì nuovamente la musica dei
flauti e vide le Ondine danzare sulla spiaggia. Per la seconda volta la fanciulla si
staccò dalle sue compagne e gli venne vicino. I due giovani parlarono per ore, finché i
primi chiarori dell'aurora ricordarono alla ninfa che era l'ora di tornare nel suo Regno.
Si tuffò nel mare e scomparve tra le onde, ma prima promise al naufrago che sarebbe
tornata ogni solstizio.
Mantenne il giuramento, ma ad ogni incontro separarsi divenne sempre più difficile,
finché una notte i due si giurarono amore eterno e restarono abbracciati fino all'alba.
Quando l'Ondina si accorse che era ormai giorno, scoppiò a piangere perché comprese che
non avrebbe più fatto in tempo a raggiungere le sue compagne.
L'uomo la strinse a se' e la consolò, ricordandole che avrebbe potuto fare ritorno nel
Regno di Nettuno al prossimo solstizio, se avesse ancora desiderato separarsi da lui. In
caso contrario, sarebbero potuti fuggire insieme su una zattera e nessuno, uomo o creatura
del mare, avrebbe mai potuti dividerli.
Parlò a lungo, finché si accorse che la fanciulla si era addormentata, allora la liberò
dal suo abbraccio, la sdraiò delicatamente sul letto di foglie e andò a pescare.
Rientrato nella grotta carico di pesci, con suo grande stupore non vi trovò la fanciulla
ad attenderlo. Non la vide mai più, ma sulla riva del mare trovò i suoi vestiti, perciò
si convinse che la ninfa lo avesse abbandonato, preferendo far ritorno al Regno di
Nettuno.
L'uomo capì di essersi ingannato solo quando le Ondine tornarono sulla spiaggia per
danzare e gli svelarono la sorte della loro sventurata compagna.
Tranne che nelle notti di solstizio, il tempo degli esseri umani trascorre in modo
differente da quello delle creature marine, quindi, nelle poche ore che l'uomo era andato
in cerca di cibo, la giovane ninfa aveva cominciato ad invecchiare velocemente. Prima di
morire, aveva desiderato vederlo per l'ultima volta, perciò era andata sulla spiaggia per
cercarlo. Al contatto con l'acqua però il suo corpo si era sciolto, come fosse fatto di
sale.
Comprendendo di essere stato l'involontaria causa della morte della sua amata, il naufrago
chiese a Nettuno di punirlo per il suo crimine. Il Signore degli Oceani ebbe pietà del
suo dolore e lo trasformò in una statua di sale che l'alta marea confuse con il mare,
unendo per l'eternità gli sfortunati innamorati.
L'isola, non fu più visitata dalle Ondine nelle notti del solstizio e si è trasformata
nei racconti dei marinai in un luogo maledetto.
Mio nonno non fece mai vela nei suoi mari, per questo tornò sempre sano e salvo da sua
moglie e, diventato troppo vecchio per navigare, poté sedersi accanto al fuoco per
raccontarmi la stessa storia che oggi ho voluto condividere con voi.