Non posso
descrivere in modo appropriato ciò che mi appare davanti agli occhi, perché sembra
annebbiato, inconsistente quasi, dipinto con i colori sbiaditi dei sogni. Il dio seduto su
di un antico trono donice, tra colossali alberi dalle foglie ocra, non possiede
certo le caratteristiche tramandate dallarte e la letteratura classica; è piuttosto
un soffio di bruma, nella pioggia insistente dautunno.
- Ho scelto di fare un viaggio che forse sarà senza ritorno, ho deciso di seguire
sentieri oscuri, attraverso contrade in decomposizione... le corde della lira hanno
bruciato con violenza le mie dita mentre cantavo le mie storie alle sfingi dai volti
decrepiti che custodiscono i sacri cancelli del tuo regno. A lungo, imprigionato nei loro
artigli di ferro ho cantato le storie leggendarie dei re che hanno sfidato gli dei e che
sono caduti sotto i colpi della loro ira... Ma ho visto vacillare quei volti di pietra
imperturbabile al suono dei miei canti più tristi, disperati, ho sentito la presa delle
loro zampe allentarsi e lasciare libero finalmente il mio spirito, che fino a te è
volato, con la sua preghiera cupa e dolorosa. Ma prima di giungere al tuo cospetto, ho
attraversato lAde e ho visto i peccatori martoriati nelle sale di tortura, e ho
cantato per loro, sperando che il suono puro della mia voce facesse dimenticare a quei
poveri corpi, per pochi istanti soltanto, le insopportabili sofferenze inflitte dai tuoi
sadici servitori. Volando verso le nebulose e le stelle che esplodono in silenzio oltre i
confini delluniverso ho sfiorato anime erranti, che contorte dalle pene e dai
rimorsi, espiavano i loro peccati terreni nellaria nera e gelida che tutto avvolge.
La mia lira ha pianto insieme a loro... e con parole sanguinanti esse mi hanno indicato la
strada che porta per giungere ai cancelli dorati che proteggono il tuo bosco sacro, dove
le foglie imprigionano i colori dellautunno per sempre. Ma adesso che ho pianto
insieme agli altri peccatori, che ho racchiuso nel mio cuore le colpe di tutti, sono
finalmente qui, per cantare la mia ultima storia...
Un refolo di vento scosse le spirali fumose assise sul trono e sospinse verso me le parole
di una voce debole, lamentosa, lontana - Tu, che vagando per questi regni spezzi le regole
inviolabili che reggono il cosmo intero, e ne incanti con le tue tristi melodie gli
abitatori, tu che sei giunto fino a me, ricorda che ciò che è morto non può ricevere
nuova vita, ma è perso in eterno nelle profondità delluniverso. Noi dei non
possiamo darti ciò che perdesti, perché siamo solo gli umili servitori di una luce più
grande, che tutto origina e tutto annienta.
Non appena quel soffio si spense tra le foglie crepuscolari del bosco cominciai a
carezzare la lira e a cantare. Echi di passati momenti felici risuonavano nel labirinto
della mente, lasciando tuttavia, ben presto, il posto al ricordo dei tragici giorni in cui
ogni cosa svanì in un gorgo di polvere e foglie morte. Le corde ferivano i polpastrelli
che cercavano di piegarle per produrre note sempre più cupe e stridenti. Una voce
stavolta travolgente e spaventosa come il frastuono di un temporale spezzò il profluvio
di suoni che si innalzava dallo strumento - Il tuo viaggio non ha più senso! Allontana il
tuo canto da queste dolorose sponde, perché che hai perso, che tu stesso hai ucciso, non
tornerà!
Mi risveglia in lacrime, adagiato su un manto di erba oscura, da cui emergevano le vestigia cadenti di unantica città; da lontano il ruggito di un cielo livido e gonfio di nuvole sembrava il grido terribile di un antico dio ormai dimenticato.
Sono nato a Roma il 15-4-1983.