Alle sirene giungerai da prima
che affascinan chiunque i lidi loro
con la sua prora veleggiando tocca
chiunque i lidi incautamente afferra
delle sirene e n'ode il canto
a lui né la sposa fedel
né i cari figli verranno incontro
su le soglie in festa.
Le sirene sedendo in un bel prato
mandano un canto dalle argute labbra
che alletta il passegger
ma non lontano d'ossa d'umani putrefatti
corpi e pelli marcite
un monte s'alza
Omero (Odissea)
Non so
quanto sarete disposti a credermi, voi, gente di terraferma. Forse, dopo che vi avrò
narrato questa storia mi considererete un vecchio ubriacone, ma non è così, vi assicuro
che niente di ciò che vi racconterò è frutto di una mente malata.
Mi chiamo Mario, anche se la gente mi chiama "il pescatore", perché è questo
che faccio da una vita ed è così che mi guadagno da vivere. Vivo a Rio Marina, un
piccolo centro sull'Isola d'Elba, praticamente da sempre. Sono nato nel 1915 e sono sempre
stato solo, senza mai né moglie né figli.
Ho sentito sulla mia pelle tutto il dolore della guerra, ho visto la mia isola, la mia
Elba, morire sotto il peso delle bombe.
Era il 1943, avevo ventotto anni all'epoca.
Il mio mondo, il mare, è stato la prima vittima del conflitto. Il pesce diveniva sempre
più difficile da trovare, l'acqua era inquinata dai veleni e dalle sostanze chimiche. Il
Tirreno era sempre meno pescoso, e potete immaginare cosa significa questo per un uomo
vissuto sempre di pesca come me.
Ed è così che ho incontrato lei.
La gente del paese aveva paura, era gente superstiziosa, ma forse avevano ragione ad avere
paura. Lei ci stava uccidendo tutti, uno per uno. Prima era toccato al vecchio Francesco,
poi al figlio del sindaco. Anche un soldato tedesco cadde tra le sue fauci.
La gente aveva più paura di quella creatura che della guerra che l'aveva costretta a
venire da noi. Già, la guerra. Le acque erano sempre meno pescose e, venendo a mancare il
suo nutrimento, si era dovuta spingere fino alla costa. Gli uomini cadevano, ammaliati dal
suo dolce canto, si gettavano dalla grande rupe per lei. Non potevano resisterle, e lei li
faceva suoi, sangue del suo sangue. Li sbranava con una ferocia inaudita.
Un certo Ulisse si fece legare all'albero della sua nave per non cadere tra le loro
braccia, io mi misi i tappi nelle orecchie per non sentire il suo dolce canto.
Scesi giù dalla grande rupe, fino alla spiaggia, quella notte, e aspettai. Lei venne,
cantando la sua nenia come sempre faceva, ma io non potevo udirla.
Entrai nell'acqua e mi avvicinai a lei, lentamente, sapendo che non avrei avuto un'altra
possibilità se avessi fallito. Avevo con me il mio arpione, naturalmente.
Lei mi aspettava, immersa nella gelida acqua fino alla vita. Non potevo vedere cosa c'era
sotto, ma già lo sapevo. Era bella, bellissima, di una bellezza quasi incantata. Era lei
l'anello di congiunzione tra la specie umana e i pesci. Una bellissima sirena.
Cercai di non farmi ingannare dal suo sguardo suadente e dalla sua bocca da baciare. Era
una belva, un animale con sembianze antropomorfe, una creatura che aveva ucciso decine di
persone. Ma tutto questo perché? Per colpa dell'uomo, naturalmente, siamo sempre noi la
causa di tutto. La guerra, l'avidità di potere, ha inquinato il mare e spinto questa
bellissima, seppure letale, creatura a spingersi fino alla costa e a cercare nella specie
umana anziché nei pesci il suo nuovo nutrimento. In natura si uccide solo per nutrirsi o
per non esser mangiati e questo doveva valere anche per lei.
Ma questo non è lo scopo della storia, io non voglio raccontarvi una bella favoletta
naturalista, ciò di cui vi sto narrando è un fatto reale, accaduto veramente. Sta a voi
decidere se credermi o meno.
Mi avvicinai a lei cercando di non guardare i suoi occhi così belli e prima che potessi
aspettarmelo quella bestia mi saltò addosso a fauci spalancate e vidi quella bocca irta
di zanne aguzze che mi si avvicinava. Hanno denti di oltre cinque centimetri di lunghezza,
quindi immaginatevi fino a che punto possono allargare la mascella.
Alzai l'arpione e affondai, ma il primo colpo andò a vuotò. Lottai per alcuni secondi
contro di lei, secondi che parvero un eternità. In condizioni normali non ce l'avrei mai
fatta ma l'acqua era bassa, mi lambiva le ginocchia, e ebbi la meglio io. La vidi cadere
lentamente, cullata dalle onde, l'acqua rossa del mio e suo sangue, l'arpione che le
spuntava dal seno.
Era troppo bella per morire, in un primo momento ebbi la tentazione di salvarla ma capii
subito che sarebbe stato un grosso sbaglio. E poi, anche volendo, non c'era più niente da
fare, avevo ammazzato quella splendida creatura, forse l'ultima della sua specie. Ancora
oggi ho difficoltà a capire se feci bene e liberai l'isola da un pericolo o se feci un
sacrilegio uccidendo una così bella creatura di Dio, contravvenendo alla così detta
"legge della giungla", a cui l'uomo, la più astuta e pericolosa delle bestie,
non può permettersi di sottrarsi.
La vidi affondare, non potei capire com'era possibile che un essere dotato di tanta
bellezza e fascino possa avere in sé tanta ferocia.
Ma c'era un'altra cosa. Capii che non era, come avevo pensato, l'ultima della sua specie.
Eccola là, infatti, bella ancora più della madre, sguazzante nell'acqua. Una piccola
sirena.
Non potevo lasciarla lì, sarebbe morta, non aveva fatto niente di male per meritarsi
questa fine. La madre non era riuscita ad ammaliarmi con i suoi occhi ma quelli della
figlia erano diversi, più sensuali, più... infantili. Forse fu lo sbaglio più grande
della mia vita ma in quel momento non trovai di meglio da fare. La presi in braccio e la
portai a casa con me.
Vivevo solo, senza moglie né figli e non ebbi problemi a nasconderla. La misi in una
grossa tinozza e la riempii d'acqua. Non so neppure io come feci a nutrirla, il mare non
era più pescoso e, a causa della guerra, l'inflazione era salita alle stelle. Vendetti il
peschereccio per lei, mi ridussi alla fame ma non le feci mancare mai niente.
A volte cantavamo insieme, era ancora piccola e il suo canto non mi faceva alcun effetto.
Mi ci abituai talmente tanto che ancora oggi non mi fa alcun effetto.
"Hai gli stessi occhi di tua madre" avrei voluto dirle, ma chissà se fosse
riuscita a capirmi, e se mi avesse capito cosa avrebbe potuto pensare? Non ebbi mai il
coraggio di pronunciarla,quella frase.
A parte il suo splendido canto (parole prive di alcun significato ma di una melodia
straordinaria) non parlava mai. Penso che non riuscisse nemmeno a comprendere la nostra
lingua. Sono creature dotate di un'intelligenza propria, le sirene, o solo animali
antropomorfi? Chissà.
Una sera, mentre cantavamo insieme, mi carezzò il volto. Non lo dimenticherò mai. Non so
perché lo fece, ma vidi quella candida manina rosea allungarsi verso di me. Ricordo che
piansi per la commozione di quel momento. Forse intuì anche lei qualcosa di magico
perché vidi i suoi occhi luccicare.
Man mano che cresceva la tinozza divenne troppo piccola, non era più libera di muoversi,
così mi vidi costretto ad impiegare tutti i miei risparmi e a indebitarmi fino al collo
per acquistare un acquario dove fosse libera di sguazzare e di nuotare come voleva.
Certo, un povero pescatore come me che, in tempo di guerra, mentre si fa la fame,s i
indebita così tanto per poter comprare un acquario è un caso piuttosto insolito che non
può certo passare inosservato. Non so se qualcuno si è mai insospettito o ha messo in
relazione la fine degli assassini e il mio nuovo acquisto, ma nessuno se ne è mai
preoccupato più tanto. La gente aveva ben altre cose a cui pensare.
Arrivò il 1945, la guerra fini e, piano piano, le acque divennero di nuovo ricche di
pesce. Decisi così di liberare la mia sirena. Era cresciuta molto da quando l'avevo
portata a vivere con me, i capelli rossi le si erano allungati e si era fatta più adulta,
sebbene fossero passati solo due anni.
La portai al mare, una notte, e la lasciai libera. Si voltò a guardarmi e spero che non
abbia visto i miei occhi lucidi di lacrime per il dolore che mi provocava il separarmi da
quella creatura così bella. Non la rividi mai più.
Gli abitanti del paese dimenticarono in fretta tutti i morti e, finita la guerra
l'economia riprese, i traffici commerciali ricominciarono e, cosa più importante, il
Tirreno tornò ad essere pescoso. Sì, il pesce riaffiorò sulle nostre coste, io trovai i
soldi necessari per acquistare una piccola imbarcazione e ricominciare a pescare, anche se
dopo aver tenuto con me quella splendida creatura per tre anni pensavo che non sarei mai
più riuscito a riprendere il mare.
L'isola d'Elba divenne un centro turistico importante, iniziò ad arrivare gente dalla
terraferma, molti decisero di stabilirsi qui, forse attratti dalla salubre aria marina.
Ma poi vennero le industrie e anche questo piccolo angolo di paradiso si trasformò
nell'inferno che è il mondo. Le fabbriche cominciarono ad espandere nell'aria i loro
veleni, i gas di scarico delle auto inquinano continuamente l'atmosfera.
Ma stavolta è diverso, stavolta è molto peggio. Prima potevo avere, tutti avevamo la
speranza che quella stupida guerra un giorno sarebbe finita e che il mare sarebbe di nuovo
tornato pieno di pesce, adesso sappiamo che il progresso non si arresterà mai, che le
industrie continueranno ad appestare, ad avvelenare l'aria e il mare. La nostra isola,
insomma.
Io, come pescatore, mi sono accorto molto presto di quello che stava accadendo: più di
una volta mi è capitato di trovare del pesce inquinato, di un colore giallastro al suo
interno, e sapete perché? Perché aveva mangiato il petrolio. Proprio così, in mancanza
d'altro quei pesci si erano ritrovati a fare del petrolio il loro nutrimento, perché nel
mare non si trova altro cibo. Molti dei suoi abitanti del mare sono stati avvelenati dalle
sostanze tossiche che le fabbriche vi gettano dentro quotidianamente.
Allora io mi chiedo: che cosa avrà fatto lei, in mancanza di cibo? Come avrà provveduto
al suo sostentamento? Una ragazza è stata trovata sbranata, subito giù dalla grande
rupe. Un uomo è scomparso e il suo corpo non è più stato trovato. Quindi, come avrà
provveduto la sirena al suo sostentamento? C'è da chiederlo?
Ho ottantotto anni, sono vecchio e stanco e non ho più voglia di combattere, e comunque
anche se potessi, credo proprio che non farei niente. In fondo stavolta ve la siete
voluta.
Ho allevato quella splendida creatura per tre anni, come potrei ucciderla? Non ne avrei
mai la forza.
No, lascerò fare, finché la gente non imparerà ad amare e a rispettare questo splendido
dono che Dio ci ha dato. Il mare è troppo importante e non dev'essere distrutto solo per
l'avidità umana. Solo per i soldi.
Nessuno l'ha ancora vista ma sono pronto a giurare che non tarderà a mostrarsi, e io non
vedo l'ora di rivederla.
Ma c'è una cosa che non vi ho detto, decidete voi se disprezzarmi o meno.
Le sirene sono creature strane, a volte uccidono gli uomini, altre volte si innamorano
perdutamente di loro. Quando uccisi quella sirena... beh,non era la prima volta che la
vedevo. L'avevo già incontrata e l'avevo già conosciuta molto da vicino.
Attendo con ansia di vedere sua figlia, per sapere se mi riconoscerà dopo tanto tempo.
Per sapere se è in grado di riconoscere suo padre.