"E siccome si tratta d'accuse infamanti,
replicherò punto per punto,
sino a quando il sorriso del mio calunniatore
non sparirà dal suo volto beffardo."
Pascale
Molte
persone, mi hanno chiesto di raccontare la storia del maestro A. e della sua sconfitta
sofferta durante il prestigioso Torneo Internazionale di Montecatini, nell'inverno del
1998.
Si tratta di una storia davvero singolare e sarà necessaria tutta la vostra fiducia nella
mia sincerità per crederci. Tuttavia, potrà benissimo accadere che il vostro animo sia
soggiogato dall'incredulità e che quindi, al termine di questa lettura, voi scrolliate
risolutamente il capo.
Non vi biasimo, poiché ho avuto anch'io il mio bel da fare a convincermi di ciò che ho
visto e, siccome non sono stato l'unico, sono propenso a ritenere che abbia assistito ad
un evento prodigioso.
Per incominciare, è bene che sappiate che il maestro A. non è il genere d'uomo che possa
riscuotere grandi simpatie. Il suo attaccamento agli scacchi, infatti, lo ha portato a
soffrire di un delirio d'onnipotenza che lo induce ad un atteggiamento verso il prossimo
sprezzante e beffardo.
Cova nel suo cuore un disprezzo per l'avversario che si cura di palesare in tutte le
maniere più efficaci e non si riesce proprio a comprendere come un uomo, sano di mente,
possa raggiungere tali estremi senza una ragione ben motivata.
Ora, fu proprio alla vigilia del Torneo anzidetto che il maestro A., come collaboratore di
una nota rivista scacchistica, aveva firmato un articolo al vetriolo in cui si accaniva
contro i maestri del primo novecento: aveva elencato quelli che (per lui) erano i difetti
evidenti del loro stile di gioco.
Lascio da parte la mia perplessità in merito all'autorità che egli sentisse d'avere per
bistrattare coloro che, all'unanimità, sono considerati come dei veri geni della
scacchiera; sta di fatto che il nostro draconiano maestro emanò la sua sentenza
servendosi del linguaggio più duro, al limite dell'invettiva personale.
Tra tutti i maestri che egli mise alla berlina, ve ne fu uno sul quale concentrò tutta la
sua antipatia: Aaron Nimzowitsh, il fondatore di quella che è comunemente nota come
"la scuola ipermoderna".
Ne parlò così male, che tutti i lettori della rivista scrissero indignati al Direttore,
esprimendo la più viva costernazione. Ciò non servì a molto, perché il maestro A.
proseguì diritto per la sua strada, rincalzando maggiormente le critiche, ignaro del
fatto che, di là della comune conoscenza umana, altre forze possono talvolta agire per
punire l'iniquità.
E così, durante la finale del Torneo di Montecatini, egli affrontò un avversario che
nessuno aveva mai visto prima di allora e che gli soffiò il considerevole premio in
denaro del primo posto con una partita davvero brillante.
Ricordo ancora il viso paonazzo del maestro A.. Era così nervoso che rifiutò di
stringere la mano al suo avversario e questi, per tutta risposta, gli disse: "Spero
che lei, signore, possa avere, da oggi in poi, una stima maggiore del gioco
ipermoderno!".
Furono le uniche parole pronunciate dal signor Aronne Nemcovic (questo il nome con cui si
era iscritto al torneo il misterioso scacchista) il quale non ritirò mai il premio vinto
e che nessuno riuscì a rintracciare in seguito; e se per caso, incuriositi dalle voci che
circolano nei club, avreste l'opportunità di paragonare le foto scattate durante la
partita con quelle, ben conosciute, del geniale maestro baltico, non potrete che avere un
sussulto: la somiglianza è, infatti, straordinaria!
Del resto, qui in città si dice già che il maestro A. è stato l'unico scacchista al
mondo ad aver giocato e perso con un
fantasma!