Di piacevole forma, aggraziato, da allora
nessun serpente si vide più bello di lui
(Paradiso Perduto)
Un calice
di champagne, un profumo di rosa ed un sorriso smagliante: così ebbe inizio lo spiacevole
incontro di Marianne col piuttosto eccentrico Monsieur Q.
Accadde al bancone del Fleur bar, uno di quei posti retrò, luoghi per cuori
infranti dove ogni sera Marianne, una bella donna sulla quarantina, con una famiglia
distrutta alle spalle e una vita davanti arida di gioie e soddisfazioni, trascorreva le
sue serate, tra arredi di velluto rosso, luci soffuse e musiche romantiche. Come ogni
sera, quella donna sul viale di un tramonto emozionale, si sedeva al bancone del bar e da
lì iniziava una caccia sfrenata ad un pollo cui spennare soldi, uno di quei tizi pronti a
svuotarsi il portafogli in cambio di viscide carezze e palpate furtive. Fu durante una di
quelle battute di caccia che al Fleur accadde un evento che di colpo fece dimenticare a
Marianne ogni altro uomo presente nel locale. L'evento in questione fu l'ingresso di un
tipo davvero bizzarro, quantomeno originale. La donna cercò di ricordare se in quel
periodo dell'anno in città ricorressero particolari celebrazioni in maschera, poiché
questo gli passò nella mente vedendo quell'uomo vestito di abiti apparentemente
fuoriusciti da una notte nebbiosa del diciannovesimo secolo. Un nero abito di seta
pregiata, un lungo mantello che gli scendeva sino a sfiorare il terreno e un'aggraziata
tuba a coprirgli il capo. Gli avventori del Fleur lo osservarono con attenzione cercando
di mascherare, dietro alle loro sudice mani inanellate, taciturni sorrisi di scherno.
L'uomo, accortosi dell'effetto suscitato nei presenti e di questo per nulla preoccupato,
raggiunse il bancone del bar andandosi a sedere accanto a Marianne.
Quell'inebriante essenza di rosa fu la prima cosa che colpì l'attenzione della donna.
L'uomo sul cui viso ora scintillava un sorriso smagliante, si tolse la tuba e
incrociando lo sguardo del barista ordinò due calici di pregiato champagne. Il barista
porse i calici all'uomo e lui ne porse uno a Marianne.
< Permette, Madame? Lei è una donna di tale bellezza che mi è d'obbligo brindare col
più raffinato dei vini
lei ama lo champagne? >. Marianne, stranamente intontita
dal suono di quella voce, prese il calice senza mai distogliere lo sguardo dal bizzarro
individuo.
< In questo modo lei mi fa arrossire, potrei almeno sapere il suo nome?>.
< Mi chiami semplicemente Q... Monsieur Q>, rispose l'uomo esibendosi in un
raffinato baciamano.
La serata scorse veloce e Marianne, ormai prigioniera delle acrobazie intellettuali di
Monsieur Q, non si accorse che lei e l'aristocratico spasimante, erano rimasti i soli nel
locale. Fuori ormai albeggiava, ma per loro il tempo sembrava essersi fermato.
< Non vi ho mai notato in città... siete nuovo di queste parti?>, chiese Marianne
esibendo il miglior sguardo ammaliante che il suo repertorio di narcisismo era in grado di
offrire.
< Diciamo che sono un tipo schivo, uno cui l'umanità non va molto a genio
>,
rispose serafico Monsieur Q calzando tuba e mantello. < Il mattino è ormai prossimo,
Madame
a casa non avete un marito che vi aspetta, un uomo con cui condividere i
caldi fremiti dell'amore, magari avvolti dal tepore di soffici coperte?>. Marianne,
sempre più affascinata dalla voce suadente del misterioso nobiluomo si morse leggermente
il labbro inferiore, nel tentativo di reprimere il desiderio che gli montava dentro.
< Certo Monsieur Q che voi andate subito al sodo
>
< L'amor non conosce attesa, Madame, e da quando ho visto il vostro viso, uno specchio
fatato nel quale sembra riflettersi la luce del mondo, le sabbie del tempo hanno cessato
di scorrere nella clessidra del mio cuore
>, rispose l'uomo incrociando gli occhi
di Marianne.
< Allora, mio buon gentiluomo, sareste gentilmente disposto ad accompagnarmi a
casa?> Era fatta, la preda sembrava essere caduta nella solita trappola, pensò
Marianne certa che Monsieur Q fosse ormai in completa balia dell'irresistibile fascino
femminile.
< Questo non può che rendermi felice, ma cercando di non apparire scortese ai vostri
occhi, che definirei scintillanti oracoli di grazia e bellezza, permettetemi di potervi
ospitare nella mia dimora
sono sicuro che la troverete molto intrigante >.
< Voi mi turbate, Monsieur Q
il suono della vostra voce scatena in me sensazioni
dimenticate ed il raffinato savoir faire che dimostrate di possedere m'impone di accettare
con gioia il vostro invito
>, rispose Marianne abile a tessere la tela passionale
nella quale imprigionare un ennesimo cascamorto cui spennare un po' di denaro
sonante
un cascamorto, per altro, incredibilmente affascinante.
Quando Marianne si trovò all'esterno del Fleur bar rimase
piacevolmente ammaliata dall'ennesima trovata di Monsieur Q. Ad attenderla vi era una
sontuosa carrozza, con tanto di cocchiere in livrea. I raffinati dettagli della scena le
apparivano come dolci fotogrammi di una stupenda favola. Salendo in vettura Marianne fu
avvolta dal soffice abbraccio di pregiati velluti che rivestivano l'interno della carrozza
e che le procuravano la piacevole sensazione d'essere prigioniera dello sfarzo messo in
scena dall'eccentrico nobiluomo.
< Armilio, a casa!> ordinò Monsieur Q all'uomo seduto a cassetta, un tizio smunto,
silenzioso che calzava una nera tuba sotto alla quale una folta chioma di nivei capelli
gli cadeva fin sulle spalle in tutta la loro rivoltante untuosità. Quando Marianne si
sporse dalla vettura, incuriosita dal bizzarro nome del cocchiere, e lo vide in volto, un
viso esangue del tutto privo di una qualsivoglia espressione, fu assalita da un brivido
spiacevole che le impose di stringersi forte al suo nuovo spasimante. Armilio, ricevuto
l'ordine perentorio del padrone, inferse un violento colpo di frusta alla quadriglia di
neri cavalli e questi senza alcun indugio si lanciarono nitrendo nell'aria pungente del
mattino.
Marianne non riusciva a darsene una spiegazione. Per centinaia di volte
aveva attraversato il parco cittadino durante le sue quotidiane passeggiate ed era certa,
era assolutamente sicura di non aver mai notato quella villa antica. E non si trattava di
una semplice casa, ma ciò che stava ammirando era una stupenda villa barocca immersa in
sontuosi giardini ornati di lussureggianti piante tropicali e fiori d'ogni sorta e colore
che davano vita a delicati arabeschi floreali al centro dei quali svettavano scultoree
fontane zampillanti. Scesa dalla carrozza Marianne continuò ad ammirare la sfarzosa
dimora del nobiluomo che, dopo aver congedato il cocchiere, la invitò ad entrare nella
raffinata residenza.
Seguendo il lento incedere di Monsieur Q, Marianne percorse eleganti saloni dalle pareti
rivestite di pregiato velluto rosso, sulle quali svettavano preziosi arazzi antichi
raffiguranti grottesche scene di sesso. Sulle prime Marianne non gli diede molta
importanza, dopotutto in vita sua aveva frequentato un'infinità di uomini eccentrici e
non erano certo vecchie scene di sesso esplicito che potevano impressionarla.
Marianne salì un grande scalone di marmo bianco che la condusse ai piani superiori.
Giunti dinanzi ad una porta Monsieur Q si fermò poi, avvicinatosi a Marianne, le strinse
il volto tra le mani e le diede un bacio appassionato. Marianne parve abbandonare ogni
remora, ogni rimasuglio di diffidenza femminile. Di colpo si trovò prigioniera di una
violenta estasi sensoriale. Se il paradiso esisteva doveva essere una cosa del
genere
< Venga, Marianne, andiamo nella mia stanza da letto
>.
Non capì in che modo vi fosse finita, ma ad un tratto Marianne si
ritrovò nuda sopra ad un sontuoso letto a baldacchino interamente costruito in alabastro,
mentre lì accanto, Monsieur Q sedeva su di un'elegante poltrona di pelle bianca, reggendo
nella mano destra un calice di ottimo brandy.
< Toccati
>
< Co... cosa?>, rispose Marianne disorientata dall'improvviso mutamento della voce
di Monsieur Q, e dall'altrettanto improvviso mutamento del mondo circostante: ora tutto
era alabastro, un candido regno dove non filtrava alcun rumore esterno
< Ho detto toccati...>, sibilò nuovamente Monsieur Q la cui voce sembrava provenire
da abissi profondi dimenticati dal tempo.
< Perché non venite voi a farlo, avanti che aspettate
oppure l'eccentricità che
mostrate serve soltanto a mascherare un'infantile timidezza, o peggio ancora una
spiacevole impotenza?>, ammiccò Marianne toccando i suoi turgidi capezzoli.
< Preferisco che sia lei a farlo, Madame
amo osservare una donna che accarezza
l'immacolato tappeto della sua epidermide. Lo trovo ben più gratificante di una semplice
erezione >.
Marianne fu colta da un improvviso disagio, forse aveva sbagliato ad entrare in quella
casa.
< Sentite, Monsieur Q o chiunque voi siate: questo gioco inizia a non piacermi! Forse
mi avete drogata? Siete forse un depravato o peggio ancora uno schifosissimo maniaco
pervertito?! Avete intenzione di mettere in scena giochi erotici che avete imparato
guardando squallidi filmini pornografici?!>, strillò di colpo Marianne accortasi di
non potersi muovere da quel freddo giaciglio.
Monsieur Q, ingurgitando l'ultima goccia di brandy, si alzò dalla poltrona e raggiunse
con passo lento la donna: < Voi Madame, come del resto altre prima di voi, non siete in
grado di concepire ciò che io sono, mai potrete ammirare la magnificenza del mio Io ed in
nessun modo potrete elevarvi al mio pari! Madame, io devo nutrirmi della vostra bellezza,
della vostra superficialità, del vostro acume e perché no della vostra femminile
ingenuità poiché le vostre debolezze sono la mia forza e le grazie il mio nutrimento.
Madame
io sono un tipo alquanto strano, credetemi!>.
< Ma
ma di che state parlando
chi
chi siete in realtà?>, gemette
Marianne spaventata dal volto cupo di Monsieur Q.
L'uomo le se avvicinò e stringendole il volto tra le mani iniziò a sussurrare con voce
tagliente: < Il fascino che mostrate muta il mio aspetto e colui che un tempo era
uomo si è tramutato in bestia! Ora piangete e urlate per quello che sono, perché tempo
non avrete di implorar perdono!!>. Detto questo Monsieur Q baciò
appassionatamente Marianne. Fu un bacio caldo, erotico ma ben presto quello stesso bacio
si tramutò in qualcosa di orrendo. La bocca di Monsieur Q si dilatò al punto di
avvolgere per intero il cranio della donna. Marianne non si rese conto di quello che gli
stava accadendo, la povera Marianne non sapeva di dover morire. Monsieur Q continuò il
diabolico approccio ingoiando lentamente, molto lentamente il corpo ormai inerme della sua
preda. Con serpentine movenze, Monsieur Q, si dimenò in violenti spasmi muscolari al fine
di facilitare l'ingresso del corpo nelle sue fauci. Quando ormai i soli piedi di Marianne
sporgevano all'esterno i nervi della donna ebbero una violenta contrazione, ma il
predatore gestì l'imprevisto con estrema abilità: un potente colpo del collo e Marianne
scomparve all'interno dell'inumana creatura. Tutto accade in silenzio, niente urla o
rantoli
Solo il terribile scricchiolio di ossa spezzate. Al termine dell'attacco
Monsieur Q si distese sul letto e lì vi sarebbe rimasto per un paio di giorni, immerso in
una muta latenza digestiva, che sarebbe terminata con l'espulsione un nero bozzolo di
materiale informe intriso di saliva. Solo allora, Armilio avrebbe bussato alla porta
avvertendo il suo oscuro padrone che la carrozza era pronta per accompagnarlo ad un'altra
serata galante, in un nuovo locale di una nuova città
Ma adesso usciamo da questa villa e facciamolo in silenzio. Lasciamo Monsieur Q sopra a
quel candido giaciglio a godersi il suo meritato riposo, mentre l'antico grammofono
infonde nella stanza le suadenti note di un vecchio motivo di Irving Berlin
Haven, I'm Haven son felice al punto che non lo so dir
Perché ciò che voglio riuscirò ad aver
Se ballando manterrò il mio savoir faire,
Haven, I'm Haven, I'm Haven... sono in paradiso