Uccidere
proprio lui è stata la mia fortuna.
Uccidendo lui ho avuto tutto più facilmente; se non fosse stato per la sua morte a
quest'ora non sarei qui a raccontarti come vivevo prima che tu nascessi e lasciati dire
che sei fortunato ad avere un padre a fianco, qui di solito ogni padre se ne frega e
lascia i figli con la madre sai.
Ogni giorno uguale all'altro, le solite cose, quelle che fai tu ora per intenderci; io
diventai adulto in fretta, crebbi con le stesse persone che conosci anche tu ed è grazie
a Martina se vivi anche tu con noi sai; io ho vissuto con loro sin da quando ero piccolo e
quindi non so cosa sia la vita del vagabondo, quella dei tuoi amici per intenderci.
Insomma, facevo le solite cose... finchè non arrivò quel bastardo con tutta la sua
gente.
Arrivarono in sordina, ma io me ne accorsi prima di tutti e quando dico tutti intendo
tutti sai.
Lui lasciava le sue tracce proprio lì dove passavo io, come se volesse farmi sapere che
lui c'era ma che non lo avrei mai scovato... ma purtroppo per lui fece un errore. Un
grosso errore di valutazione sai. Enorme; eh sì... perchè quando lo vidi per la prima
volta ero ancora uno stupido piccolo esserino che si spaventava anche della sua stessa
ombra... ma quel giorno no, eh no e se subito pensai di mettermi al lavoro per scovarlo fu
la paura di Martina a spingermi a modificare le mie abitudini per quello schifoso.
Ho sempre avuto un debole per lei, forse perchè mi ha sempre difeso e coperto ogni volta
che ne combinavo qualcuna; insomma, DOVEVO trovarlo e farlo fuori. Sì, hai capito bene,
FARLO FUORI.
Ne andava del mio prestigio, della tranquillità di tutti, dell'opinione che tutti
avrebbero avuto di me; del resto non si poteva certo pretendere che fossero gli anziani a
cercarlo nè tanto meno le femmine e logicamente i piccoli: io ero perfetto invece.
Giovane e forte, molto forte; ma soprattutto astuto e probabilmente più di lui: ormai era
anziano e sicuramente non più forte come prima. Mi incuteva ancora un po' di paura
perchè se era tornato poteva significare solo una cosa: che la sua astuzia non era
diminuita e che non era caduto nelle varie trappole, diciamo così, che gli avevano teso;
è un popolo bastardo sai, la madre di Martina li chiama "L'esercito
invincibile"... si spostano, e quando capiscono che possono restare attaccano e
distruggono, devastano e il loro schifo rimane ovunque... terrorizzano tutti sai.
Avevo capito che tutti contavano su di me: Martina per prima e io non potevo deluderla.
Qualcosa mi diceva che sarebbe stata l'occasione della mia vita: e allora tanto valeva
giocarsi tutto. E quando dico tutto vuol dire TUTTO sai, se avessi fallito a quest'ora
forse sarei un vagabondo come i tuoi amici; iniziai a studiare la zona, non facevo altro
che fiutarlo, sì come un cane hai capito bene, lo fiutavo... e lui giocava sai, si
divertiva a lasciare le sue tracce e soprattutto usciva di notte il bastardo, sapendo che
io non potevo. E allora si scatenava... ci portava la sua gente e il giorno dopo trovavamo
tutto il loro marciume, il loro schifo dappertutto... mi sembrava quasi di vedere il suo
ghigno ovunque e Martina aveva anche paura di uscire di casa. Trovai allora il modo di
stare fuori tutto il giorno, semplicemente non tornavo una volta uscito. Martina lo sapeva
sai, per quello era l'unica a non arrabbiarsi... quanto ho vagato, quanto ho aspettato,
quanto riposo perso, non ho dormito per notti e notti, non potevo, il bastardo usciva solo
col buio... ma quel giorno, spinto forse dalla curiosità o forse dalla voglia di vedermi
mentre, distrutto e stanco, dormicchiavo in quell'angolo del giardino dove spesso, nelle
giornate di sole, mi sdraio con tua madre, uscì.
Sì sì, hai capito bene: uscì in pieno giorno, cosa che lui e la sua gente non facevano
mai... mi camminava intorno, ad una distanza come da qui a quella tegola rotta... la vedi?
Sì, una distanza così... coraggioso vero? Beh, coraggio ne ha sempre avuto da vendere...
ma io ero adulto... e soprattutto avevo fatto mie le esperienze altrui. Aspettai che si
avvicinasse... ho aperto gli occhi lentamente... mi alzai, mi stiracchiai anche e mi
guardò con aria incuriosita e anche un po' impaurita: solitamente tutti fuggivano di
fronte a lui, ma io ero diverso... ero astuto. Almeno quanto lui... confesso che essere
considerato astuto come lui mi faceva piacere; ci siamo guardati a lungo sai, ma non
sapevo quando attaccarlo. Quando ucciderlo insomma, non è mica stato facile sai. Ma forse
aveva capito che ormai era ora che si mettesse da parte, che riconoscesse che qualcuno era
più forte di lui: mi venne incontro... ma sprezzante e arrogante come non mai. Mi crebbe
dentro una furia che, forse a causa della stanchezza, non riuscii a controllare: fui
fulmineo, estremamente fulmineo; nel momento in cui stava per spiccare il salto per
venirmi addosso io... io... gli ho artigliato l'addome. Sì sì, hai capito bene: gli ho
aperto la pancia... non è stata una bella visione... un'erogazione di interiora,
un'esplosione di marciume... e di tutto quello schifo che aveva sempre avuto nel suo
corpo... cadde a terra, a pancia - quel che ne restava- in giù... il sangue continuava ad
allargarsi e a me, non so perchè, venne in mente Martina quando rovesciava apposta il
succo d'arancia rossa per terra.
Vederlo agonizzante non mi fece provare quel senso di pietà che speravo di provare e
allora infierii, un colpo dopo l'altro sul collo, con una ferocia che ormai non serviva
più... infierivo su un corpo straziato ed immobile... lo avevo quasi decapitato... lo
avevo ucciso... mi fermai a riprendere fiato, lo guardai di nuovo e provai la voglia di
vomitare... mi guardai: ero sporco del suo sangue, delle sue viscere, alcuni frammenti mi
si erano appiccicati addosso... e corsi a casa... chiamai Martina, il mio richiamo era
quasi un lamento... lei uscì... e capì subito... mi accarezzò a lungo e io rimasi lì a
godermi le sue carezze... mi guardava fisso negli occhi e capii che non aveva più paura.
Mi lavò con cura, fece tutto da sola, senza dire una parola.
Ebbi la mia ricompensa: da quel giorno potei uscire anche di notte. La prima cosa che feci
fu quella di andare a cercare tua madre... avanzavo come una tigre, sì una tigre, mi sono
sentito proprio così... la trovai e non fui gentile come sempre quella notte. Proprio no.
Non ne avevo voglia. Avevo ucciso l'essere più temuto ed odiato e ora DOVEVA stare con
me; o avrei artigliato anche lei. Ma in giro si sapeva già della mia impresa; tutti mi
guardavano con un vero e proprio timore riverenziale e tua madre, che fino al giorno prima
aveva fatto la preziosa, mi si avvicinò e mi si concesse con poca ritrosìa... ero
diventato un capo. Un capo vero.
Spero che tu mi abbia ascoltato bene sai, perchè tra qualche tempo arriverà un altro
esercito e dovrai fare ciò che ho fatto io... anche se un topo così non lo troveremo mai
più. Era stato il capo più grande di tutti i tempi sai.
Martina da quel giorno soddisfò tutti i miei voleri... mi dava spesso il cioccolato e mi
permise di tenerti qui, di vivere in una vera casa con noi... e diventai un gatto
dispettoso in età adulta... ma ormai tutto mi era concesso. Vedi gli altri? Mi rispettano
e mi temono, non vorresti essere come me? Fai tesoro di quel che ti ho raccontato piccolo,
fanne tesoro. Cosa? No, non ho voglia di farti vedere come gli ho dato la zampata
fatale... questo sole tiepido è troppo invitante e poi tua madre mi aspetta nel solito
angolo.
Vai dai tuoi amici vagabondi a raccontare questa storia. Non sempre uccidere è
deplorevole sai. A volte può essere anche divertente. Ti confesso che ho ucciso altre
volte, ma un personaggio come lui mai... e ogni giorno, quando guardo te e tua madre, mi
ripeto sempre che uccidere lui è stata la mia fortuna.
Sono Stefania Di Gregorio, sono nata nel 1973, sto terminando gli studi alla facoltà di Giurisprudenza. Vivo a La Maddalena, isoletta nel nord Sardegna. Adoro leggere da sempre e nel corso degli anni ho iniziato ad apprezzare notevolmente il genere horror e splatter (nulla mi diverte più di un libro o di un film di questo genere!). I miei autori preferiti sono Stephen King e Niccolò Ammaniti; scrivo da 15 anni, pur dedicandomi maggiormente alla poesia spesso amo scrivere racconti di ogni tipo. Ho partecipato e partecipo a vari concorsi letterari (poesia e prosa) a livello regionale e nazionale, di tanto in tanto porto a casa qualche premio. Spesso i personaggi dei miei racconti sono in realtà i miei amici, che mi diverto - sulla carta - a far diventare persone ben diverse da quello che in realtà sono... in fondo credo che scrivere serva anche a questo.