Dopo circa
due mesi di silenzio il mio amico Gelmino, collezionista di anticaglie e appassionato
giocatore di scacchi, mi chiama: vuole che vada a trovarlo.
Porto con me una bottiglia per un brindisi. Mi apre sorridente ma quando entro mi accorgo
che sua moglie e la piccola Betta non sono in casa.
< Sono andate a stare dai suoceri
per un po' > si giustifica.
Andiamo a sederci in salone e mi propone una partita a scacchi come ai vecchi tempi. Poi
mi sfila la bottiglia da sotto il braccio con un gesto repentino.
< Però prima stappiamo. > dice.
Nei bicchieri il liquore è di un giallo pastoso. Anche i suoi occhi sono gialli ma non lo
dico per educazione.
Mentre Gelmino dispone i pezzi sulla scacchiera carico la pipa ed accendo. L'odore scuro
del tabacco impregna di mistero l'ambiente.
Provo una strana ritrosia a fare domande, ad imbastire un discorso. Ho notato da quando
sono entrato tante piccole cose che non quadrano. E' come se gli oggetti non stessero nel
posto dove dovrebbero stare.
Da sotto il divano spunta il braccino di una bambola.
Da un uscio rimasto socchiuso alle mie spalle un silenzio innaturale è in agguato.
Il pendolo segna un'ora sbagliata.
Soprattutto c'è quel lieve sentore di fiori marciti e di acqua stagnante come nei
camposanti in certe giornate calde.
Gelmino ha terminato di disporre i pezzi sulla scacchiera. Insiste affinché scelga i
bianchi. Vuole lasciarmi il privilegio della prima mossa.
Il mio sguardo cade sulla Regina Nera. È scompagnata rispetto agli altri pezzi. E' più
alta e veste un abito lungo, affusolato. Sembra molto antica. L'osservo meglio: ha le mani
giunte come in preghiera ed il corpo curvato in avanti. Rimanda alla mente l'immagine di
una Mantide Religiosa, suscita un senso di repulsione.
Iniziamo la partita. Gelmino muove i pezzi in modo inconsueto. La sua strategia mi rimane
oscura. Ma la cosa non dura a lungo; ben presto mi accorgo che con il suo gioco ha
edificato una cattedrale di equilibrata precisione. Cavalli ed alfieri controllano
territori strategicamente importanti della scacchiera.
La Regina, immobile nella sua casella, sembra come in attesa: la strada per la sua uscita
è stata spianata.
Mi considero un buon giocatore per questo unico, fondamentale motivo: so perdere con
leggerezza.
Eppure questa volta è diverso, ogni pezzo sottratto è come una parte di me che se na va.
E' come se stessi vivendo la mia disfatta!
Ancora adesso non so bene quel che è successo dopo, soprattutto mi chiedo quel che
sarebbe successo se
Ma procediamo con ordine.
Vedo il suo finale di partita.
Prima ancora di ricostruirlo sulla scacchiera lo ho intravisto nell'acquoso languore dei
suoi occhi, in quella certa vaghezza nello sguardo.
Una repentina quanto letale uscita di Regina che inchioda irrimediabilmente il mio Re.
La mano di Gelmino si alza, dirige lenta ed automatica verso la nera statuina, poi
un cicolio?!
La frazione di tempo necessaria per maturare la certezza che quell'uscio rimasto socchiuso
alle mie spalle sta per aprirsi lentamente.
Non so perché, ma il mio pensiero è stato: "La porta giusta che immette nella
stanza sbagliata".
La necessità di agire non mi permette di elaborare altro.
Scatto rapido e blocco il polso del mio amico.
< No Gelmino, non farlo!!! >
Con un gesto dell'altra mano ho spazzato via i pezzi dalla scacchiera. Li sento rimbalzare
sul pavimento. Cadendo la Regina Nera si è spezzata in due.
< Ma cosa diavolo ti prende? > dice Gelmino. Sul suo viso un'espressione di genuino
stupore.
La tensione di botto è calata. Adesso tutto è normale. La casa è normale. Gelmino è
normale. Ed ogni cosa è al proprio posto. E dietro ogni uscio non ci sono che stanze
vuote.
Mi sento molto sciocco.
< Scusami Gelmino > dico. < Scusami davvero! Credo
credo di avere perso il
controllo
>
< Mi avevi spaventato! > dice lui. < Oh diavolo se mi avevi spaventato! Ma è
passata, non parliamone più. >
< Già, non parliamone più > dico.
Lo vedo raccogliere la Regina Nera lesionata, avvolgerla accuratamente in un panno di
daino e riporla in un cassetto. Delle altre statuine sembra non curarsene: restano
sparpagliate sul pavimento.
< Ora vado Gelmino > dico. < Ti chiamo io, ti chiamo presto
>
Sono già fuori nella notte quando mi richiama.
< E la partita? La nostra bella partita? >
< La partita è tua, lo sai. Ho visto lo scacco! >
Mentre torno a casa continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se
Mi sento sciocco. Ma allo stesso tempo sono felice. Già, felice, follemente felice di
aver impedito l'entrata in gioco della Regina Nera.