Stavolta
sentiva che non ce l'avrebbe fatta. In passato si era già trovata nella medesima
situazione e chissà come era riuscita a resistere, ma adesso era allo stremo delle forze.
Gli aguzzini incalzavano, non le davano tregua, e lei stava per crollare. Non si trattava
di una tortura fisica, ma era ancora più dolorosa. Volevano sapere, le chiedevano numeri,
date che lei non ricordava o forse nemmeno aveva mai saputo, ma che non poteva inventare.
Se ne sarebbero accorti.
Faceva caldo in quella stanza ed il sudore le solcava le tempie. Appena un attimo di pausa
ed il supplizio ricominciava. Ormai la sua mente era altrove, nemmeno sentiva più le
domande che le venivano rivolte con crescente violenza. Più volte aveva avuto l'occasione
di fuggire da quella prigione, ma le era sempre mancato il coraggio per farlo e adesso era
lì, inchiodata da ore su una sedia, circondata dai suoi carnefici che non volevano
adoperarle pietà.
Improvvisamente si accorse che la finestra alle sue spalle era spalancata. Pensò che era
il momento di interrompere quell'incubo. Non avrebbe conquistato la libertà, ormai era
troppo tardi, ma almeno avrebbe messo la parola fine ai propri tormenti. Nell'istante in
cui l'idea prese corpo decise di agire: uno scatto fulmineo, un urlo lacerante e il lungo
volo senza speranza, fino allo schianto fatale. Il corpo martoriato della giovane donna
restò esanime sul marciapiede, tra un mendicante pronto per trascorrere la notte sul suo
giaciglio di cartoni ed una spider fiammante.
Sopra, al quinto piano, il consiglio di amministrazione si interruppe di colpo. Sbalordito
dal balzo mortale dell'impiegata il presidente guardò attonito i propri collaboratori.
"Santo cielo! - disse balbettando - che le avrà preso? In fondo, come mille altre
volte, le stavamo solo chiedendo la documentazione per il nostro bilancio".