Un viso
pesto, rigato dalle lacrime. E' il mio, riflesso nello specchio di fronte.
Siedo davanti alla cassettiera che lo sorregge.
Ci siamo fermati in questa locanda nelle Langhe, ben oltre l'ora di cena. Gli ultimi clienti stavano uscendo, per smarrirsi nella bruma di novembre.
Mi trovo in una stanza da letto. Modesta, umida, come ricavata in una cantina. Ho i polsi legati dietro lo schienale, le caviglie incatenate a terra.
L'idea per riscattare una noiosa domenica pomeriggio, un giro nel
basso Piemonte, una cena gustosa.
Ci ha servito una signora austera. Io e Vanessa abbiamo riso di lei. E anche lei
sorrideva, mentre mangiavamo la torta della casa. Quando ho chiesto il conto non riuscivo
a tenere gli occhi aperti.
Nel dormiveglia ho visto quei nani portare via Vanessa. Due la
trascinavano per le gambe. Sono albini. Con gli occhi rossi.
Il terzo la tirava per i capelli. Uscendo mi ha guardato con ferocia. Denti da pastore
tedesco. Lei stava ancora dormendo.
Scimmiottavo quella vecchia da film di Hitchcock, Vanessa lacrimava dal ridere.
Ora sta gridando. Oltre quella porta in legno grezzo alle mie spalle. Cristo. Cosa le stanno facendo?
Ha detto di avere tre figli.
Provo una rabbia immensa. Voglio distruggere la sedia e strappare la corda che mi stringe. Tento disperatamente. I muscoli tesi, sono rosso da scoppiare.
Adorabili.
Sento colpi terribili. Sento immondi risucchi. Le urla strazianti di Vanessa.
Speciali.
Uno scherzo televisivo. Si apriranno le pareti, la troupe applaudirà .
Dio fa che sia così.
Un altro grido. Atroce. Disperato.
Diversi.
Oltre il muro sento un movimento frenetico. Un brulicare di membra. Carne sfondata, lacerata. Gemiti strozzati. E il gorgogliare di quelle creature.
Minuti.
Silenzio.
Spero, prego che si dimentichino di me. Ti prego...
Minuti.
Sussulto. Una chiave gira nella serratura. Vengono a prendere me...