Il signor
Presley sonnecchiava in poltrona cercando di guardare l'incontro di pugilato, quando
tutt'a un tratto mancò la luce. Il televisore divenne silenzioso e la stanza fu avvolta
da una spessa coltre di oscurità. Persino il rumore del temporale sembrava sopito. Le
saette in cielo non illuminavano più le nubi cariche di pioggia. Una quiete innaturale
s'era impadronita della baia.
Tutto tacque e il signor Presley si svegliò.
Aprì gli occhi senza riuscire a scorgere nulla nel buio impenetrabile di quella notte
senza stelle. Si alzò in piedi, avanzando a tastoni. Sentiva lo spazio distorto dal
lugubre abbraccio dell'oscurità vorticare come un gorgo attorno alle proprie caviglie.
Muoveva le braccia dinnanzi a sé senza incontrare oggetti famigliari che lo potessero
guidare.
Improvvisamente avvertì un tocco lieve. Si volse di scatto, ma nemmeno ora poteva
scorgere alcun che attraverso la cortina d'ombra. "C'è qualcuno?" Chiese
esitante.
Una mano gli si posò sulla spalla. Si volse di nuovo in preda al panico,
agitando le braccia come per disperdere quell'oscurità soffocante. Indietreggiava
sgranando gli occhi nel buio, incespicando sui propri passi. Fu come affogare, affogare in
un mare turbinoso e tetro.
Aveva ormai smarrito completamente la nozione dello spazio; la stanza, tanto famigliare
alla luce del giorno, si rivelava ora uno sconcertante buco nero, avvolta nell'ombra più
cupa. Percepì allora distintamente di non essere solo. La mano gelida dello sconosciuto
lo ghermì con forza. "Vattene!" gridò, cercando di scrollarselo di dosso
"Cosa vuoi. cosa vuoi da me!?" urlava fra rabbia e terrore. Un brivido pervase
le sue vecchie membra.
"E' te che voglio. Angus" sussurrò l'ombra.
L'indomani il signor Presley fu trovato morto, comodamente seduto in poltrona, la tv
ancora accesa sul canale dello sport. "Un infarto" sentenziò il dottore
"Non deve essersi accorto di nulla".
Nato il 15/05/81 a Mantova, attualmente iscritto al quarto anno della facoltà di Economia dell'università di Parma.