qwerty> ciao, dimmi
mnbvc> siamo al sicuro?
qwerty> assolutamente
mnbvc> è per la settimana prossima, a monaco
qwerty> ok
mnbvc> lui ha detto che devi farlo. prima possibile
qwerty> indicazioni?
mnbvc> nessuna, decidi tu il come
qwerty> posso sapere...
mnbvc> no, non puoi. agisci e basta
Christine si guardò le unghie, e fece un sorriso ironico.
Una giornalista freelance per riviste femminili, una donna che si occupa di maquillage e
fitness, e poi quelle unghie corte. Tuttavia non poteva farne a meno, per poter usare le
armi da fuoco: quella del giornale era solo una copertura, il suo vero lavoro era
ammazzare la gente. Ormai aveva cominciato a vederlo come un lavoro "normale",
ma ricordava ancora l'emozione dei primi tempi. Suo padre le aveva insegnato tutti i
trucchi, riusciva a maneggiare con la stessa abilità fucili di precisione, pistole da
borsetta ed esplosivi di ogni genere. Papà l'aveva addestrata davvero bene, era una delle
migliori killer in circolazione: non aveva mai sbagliato.
Quasi mai.
Tra una missione e l'altra scriveva articoli per ragazze normali: Christine Bonfant si
sentiva una ragazza normale, dopotutto, coi sogni di tutte le ragazze normali, anche se
cinque o sei volte all'anno si trasformava in un'assassina spietata.
Era seduta sulla poltrona di pelle, a cercare di completare uno di
quegli articoli, ma non riusciva a concentrarsi: cliccò di nuovo sull'icona che portava
alle sue attività segrete.
Ecco il messaggio criptato, finalmente.
La sua prossima missione sarebbe stata in Germania, a Monaco.
Il suo contatto sul luogo, Holmes, aveva organizzato l'omicidio del leader di un gruppo
neonazista che cominciava a creare problemi, e gli occorreva una donna per realizzarlo. Il
disastro dell'operazione a Parigi, il mese precedente, le aveva fatto temere di non essere
ritenuta più all'altezza: l'obiettivo non era stato eliminato, lei era stata individuata
e forse fotografata, era la prima volta che le accadeva una cosa del genere. Voleva
rimediare, dimostrando di essere ancora la migliore.
Alle quattro del pomeriggio successivo, Christine si trovava davanti
alla gabbia delle tigri. Lo zoo di Monaco a quell'ora era semideserto, e non destò
l'attenzione: proprio come era scritto nella email. Holmes arrivò con un paio di minuti
di ritardo. Non servirono parole, bastò un'occhiata, quindi lei lo seguì fuori, in
direzione del parcheggio.
L'obiettivo viaggiava su una Mercedes blindata, e il suo unico punto debole erano le belle
donne. Lei doveva riuscire a farlo scendere dall'auto in un posto tranquillo, e poi
eliminarlo.
Si accordarono per agire il pomeriggio successivo.
La strada era stretta, e la Mercedes procedeva spedita.
Ad un tratto Karl inchiodò, rischiando di andare fuori strada. Sulla corsia di emergenza
c'era una Toyota ferma, e contro il sole del primo pomeriggio si stagliava un paio di
gambe che sembravano non finire più, appena coperte da una minigonna color blu elettrico.
Aprì lo sportello, e si assicurò che non ci fossero altre auto, o cespugli che potessero
nascondere uomini armati. Quindi si avviò verso l'altra auto, mentre guardava controsole
il morbido sollevarsi dei suoi glutei per raggiungere una parte lontana del motore.
Karl ebbe solo un momento di esitazione, ma passò presto: intorno non
c'era nessuno. La ragazza si era accorta del suo arrivo, e lo guardava tenendosi una mano
davanti agli occhi per schermare i raggi del sole. L'uomo si chinò in avanti e prese ad
armeggiare con il tappo del liquido di raffreddamento. Ebbe appena il tempo di accorgersi
della puntura. Si girò, lo sguardo stupito.
Una mano che si alza. La stessa mano che crolla.
L'uomo che si accascia vicino all'auto.
Christine si avvicinò al bagagliaio della sua auto, e lo aprì.
Holmes era ancora là, morto.
Due missioni in un colpo solo.
Dimenticare Parigi era stato uno scherzo.