Ogni volta che muoveva una delle sette pedine superstiti, a stento riusciva a non mandare all'aria l'intera scacchiera. All'appello mancavano entrambi i cavalli, una torre, un alfiere e cinque pedoni. Era in grossa difficoltà; aveva sbagliato tutto a cominciare dall'apertura. Da sempre era consapevole della propria abilità ma questa volta la posta in palio era davvero alta e l'emozione gli aveva giocato un brutto scherzo. Sentiva quasi il sudore colare sulla fronte e attraverso quella spessa coltre di fumo poteva a malapena scorgere lo sguardo di Mr White e della donna che sbuffava alle sue spalle. Ne aveva giocate tante partite non riusciva nemmeno a ricordarsi l'ultima volta che aveva perso e l'idea di perdere proprio questa, aveva un sapore così amaro da risultare insopportabile. Si guardava attorno come a cercare un'alternativa, una metaforica via di scampo, non sapeva esattamente perché. L'unica certezza era che non ci sarebbe stato modo di sfuggire alla realtà.
Quando Mr White sferrò il suo ultimo attacco e costrinse, con
il più classico dei tranelli, il suo re in scacco matto, la disperazione più profonda si
impadronì della sua anima, o di quello che ne restava.
A questo punto si scostò il cappuccio, mostrando il suo colorito pallido ed estrasse
dalla tasca uno dei due fogli che fino a quel momento aveva tenuto nascosto e, suo
malgrado, iniziò a leggere: "A Mr Johnathan White, nato il 15 novembre 1947 a
Glasgow, colpevole dal 1969 ad oggi dell'omicidio di 197 persone, meglio conosciuto come
il Mostro di Birmigham, avendomi, in questo luogo e in questo giorno, battuto in regolare
incontro di scacchi, è concesso di proseguire la vita terrena fino a nuovo incontro a
data da destinarsi e comunque non prima di dieci anni a partire da ora. Firmato: La
Morte".