Melania sulla terra

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Dopo la nascita di Melania il muro di cinta era stato rinforzato. Occorreva proteggere il resto del paese da lei.
Una leggenda della fondazione raccontava di come il colore viola avrebbe un giorno annientato il paese.
Leggi spietate avevano attraverso i secoli preventivato la circolazione di qualsiasi stoffa, merce od oggetto di tale colore. Ma nulla avevano potuto contro il destino di Melania che era quello di nascere e di nascere con gli occhi viola.

 

Melania, figlia di re, viveva nel palazzo più bello del paese, quello col giardino più grande e le torri più alte. Fino ai suoi tredici anni era vissuta tra le stanze del palazzo e il giardino, senza sentire la mancanza di nulla.
Venne un giorno in cui un giovane pastore a nome Stranilario smarrì una pecora e si avvicinò al palazzo del re. Camminava rasente il muro di cinta e chiamava, quando la vide. Gambe penzoloni, seduta sul muro, stava Melania.

Nacque un'amicizia che un giorno un bacio suggellò.
Così cominciò la fine.
Subito dopo il bacio, a Stranilario divennero le labbra viola e per questo fu condannato a morte. Decapitato.
Melania attese per giorni il suo ritorno e, quando infine le giunsero le voci dell'accaduto, una notte scavalcò il muro.
Con la luna piena andò a cercare dove l'avevano sepolto.

 

Quando trovò il tumulo vi si sdraiò sopra abbandonandosi ad un pianto straziante. Piangeva e con le dita graffiava la terra ancora fresca. E mentre graffiava la terra le sue dita affondavano sempre più giù. Si addormentò sulla terra smossa, le braccia immerse nel terreno. Il gelo fece il resto.
Morì.
Giorni dopo nacquero ovunque in paese piante mai viste prima.
Il loro nome volgare è lillà. I loro fiori ci sono ancora, il paese e la sua gente no.

Francesco Baroni