Solitamente
il sabato sera non torno tardissimo, o perlomeno, non tardi come molti ragazzi della mia
età.
Stasera sono le due, e sto tornando a casa.
La mia auto sfreccia tra i viali alberati, sgombri dal traffico diurno, e i fari che
illuminano la strada creano colori invisibili alla luce del giorno.
Abbasso il finestrino, per respirare un poco d'aria, e una ventata di freschezza investe
il mio viso, facendomi chiudere gli occhi per un istante.
Li riapro.
Sono ormai in una zona periferica, agli alti palazzoni si sono sostituite costruzioni più
basse, meno serrate e più graziose.
Tra non molto sarò a casa, ma la cosa non mi appaga, dal momento che è come se fosse
già lunedì. Odio la domenica, perché è un giorno di attesa, in cui man mano che
passano le ore ci si rende conto che manca poco all'inizio di una nuova, interminabile
settimana.
Ma ora è sabato, e sto tornando a casa.
Eccomi giunto al parcheggio, dove mi fermo.
Appena sceso dall'auto mi sento pervaso da un senso di pace, complice il silenzio
assordante del luogo, così decido di accendermi ancora una sigaretta.
Il fumo inonda le mie narici, ed è una sensazione piacevole come questa serata, piuttosto
fresca, poiché l'autunno sta arrivando con prepotenza.
Sono di fronte al cancello, lasciato socchiuso, che varco velocemente.
Pochi passi mi separano dal meritato riposo.
Improvvisamente il pacchetto di sigarette sfugge dalla mia mano, cadendo sul marmo lucido
di una tomba.
Solo mentre lo raccolgo noto che su di esso campeggia la scritta "IL FUMO
UCCIDE".
Scoppio in una risata fragorosa, poi, con un gesto meccanico, spengo la sigaretta, prima
di scendere i gradini e chiudere silenziosamente il sepolcro alle mie spalle.
La bara è aperta, così come l'ho lasciata.
Finalmente a casa.