Il
massaggio era un toccasana. Si addormentava sul lettino e alla fine si sentiva rinata. Era
già buio quando finì la seduta e Teresa, sulla porta, fu sorpresa da un improvviso
acquazzone.
- Proprio oggi che sono a piedi!
A malincuore decise di prendere la metropolitana per rincasare, la fermata era proprio a
due passi. Non le piaceva, specialmente a quell'ora, ma con quel diluvio non aveva scelta.
Scese di corsa la scala e prese al volo il treno. La carrozza era praticamente vuota.
C'era solo un ragazzo infagottato in una giacca a vento gialla, appisolato.
Teresa si diresse all'altro capo del vagone, in un silenzio irreale. Forse il silenzio,
forse la rilassatezza dovuta al massaggio, Teresa si appisolò a sua volta. Nel
dormiveglia scivolò di lato e con una mano sfiorò qualcosa di appiccicoso.
Sul sedile accanto al suo c'era un fagotto nero e verde che al suo tocco si mosse
rivelando due ali come quelle di un pipistrello, con sotto della peluria olivastra.
Quell'orribile essere, scuro sulla schiena, svelò un addome biancastro e molle, come un
latticino in decomposizione.
Al centro del muso un unico occhio vitreo che penzolava al di
fuori dell'orbita e, subito sotto, una protuberanza ossea giallastra. Dall'enorme bocca,
un taglio senza labbra, scendeva un filo di bava iridescente, come il rigurgito di un
pasto. Sul pavimento una pozza di putridume verde e spugnoso che emanava un odore
nauseante.
Il "mostro" emise un grugnito acuto che le penetrò fino alle viscere muovendosi
verso di lei. Teresa, schizzando in piedi, aprì la bocca per urlare
.
E si svegliò. La fisioterapista stava finendo il massaggio. Con un sospiro Teresa si
rialzò, si rivestì e uscì dallo studio fisioterapico. Sulla porta un improvviso
temporale le fece ricordare di essere senza auto e il pensiero corse alla
metropolitana
Sorelle ultratrentenni, entrambe bancarie, con la passione della lettura e, se capita, della scrittura.