Mio
fratello ha la mania di collezionare radio. Le prime le ha avute in regalo dai nonni e
dagli amici che non vedevano lora di sbarazzarsi di quei vecchi apparecchi ormai
superati. E così è arrivato a possederne una ventina, dalla più vecchia, un modello del
39, a diverse degli Anni Cinquanta fino ad unavveniristica dal design Anni
70; tutte lustre e ben allineate lungo un robusto scaffale in camera sua.
Daltronde passa ore per restaurarle, ripararle e dove poter cercare i ricambi delle
più malconce.
Un pomeriggio nuvoloso approfittai della sua assenza e spinto dalla curiosità entrai
nella stanza in cerca di un modo per passare il tempo. Era buia ma sul tavolo vidi subito
una delle sue radio e, nonostante mi fosse vietato, provai a metterla in funzione.
Ruotai la manopola sinistra e poi quella destra finché locchio magico,
così era chiamata la lampadina posta in alto prese a colorarsi di un bel verde
fluorescente.
La radio però non emetteva alcun suono finché giunse un debole fruscio lontano seguito
poi da un botto. Subito temetti di aver danneggiato lapparecchio ma poi qualcosa mi
fece cambiare idea.
Ora dei suoni confusi mescolati a pianti e isterismi di anime infelici mi giungevano
allorecchio seguiti dai loro gemiti rotti allimprovviso da un clangore
metallico assordante e da urla che niente avevano dumano.
Invano tentai più volte di cambiare stazione.
Nel mentre distinsi con orrore la voce della mia cara madre che mi chiamava come quando
ero bambino e si faceva sempre più vicina, forte e chiara, come fosse alle mie spalle...
- «Ehi, guarda che se non infili questa non senti niente!»
Era tornato mio fratello, sorridente e con la spina della radio nella mano.