Un lamento agghiacciante nel buio

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Il fitto bosco non lasciava intravedere nulla che non fossero rami e foglie agitati dal forte vento settembrino, nonostante fosse luna piena, e la sua argentea immagine si stagliasse alta tra Vega e Andromeda.
La chiave era ben inserita nel cruscotto, ma non c'era modo di mettere in moto quel ferro vecchio della macchina di mio padre. Per quanti sforzi facessi, a nulla servivano i colpi sul volante e gli energici affondi del piede sull'acceleratore. Poi un rumore di passi fuori, nell'oscurità, dietro di me, e un lamento agghiacciante nel buio, e quella maledetta macchina che ancora non dava segni di vita, mentre un brivido freddo mi tagliava in due la schiena. Il cuore mi iniziò a battere più forte, TunTun, TunTun, come un treno a vapore lanciato a tutta velocità.
Ad un certo punto i passi si fecero più pesanti, e un urlo soffocato mi riecheggiò nelle orecchie lasciandomi pietrificato, attaccato a quel freddo volante come all'ultima speranza di salvezza.

Non poteva finire così, non in quel modo, non quella sera, ma il fato sembrava essere contro di me. Ad un certo momento la macchina cominciò a muoversi, ma il motore non stava rombando, i suoi ingranaggi gelidi erano ancora immobili sotto quel cofano ammaccato. E poi di nuovo un lamento e lo straziante gemito di un'anima in pena.
"Forza! Avanti! Non mi tradire proprio adesso!" mi ripetevo per farmi coraggio, ansimando sul vetro appannato, mentre cercavo di non pensare a quello che mi sarebbe accaduto.
Poi finalmente il ruggito del motore squarciò come un lampo il silenzio della notte: adesso potevo fuggire di là, lasciandomi tutto il terrore di quegli attimi terribili alle spalle. Adesso Amanda poteva smettere di spingere e risalire in macchina, così l'avrei riaccompagnata a casa dal marito senza che questi si accorgesse di nulla.

Federico Pippi