Lady Shadout

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

E' notte, come di consueto, nella penombra della mia abitazione, avvolta solo da veli, sto per dare inizio al mio gioco preferito: contemplare l'ombra della mia immagine sulle pareti prevalentemente ricoperte da specchi mentre, deambulando, assaporo bevande alcoliche appositamente preparate con spezie e aromi pregiati.
Start game!
Favorita dalla luna che risplende in cielo, passeggio in compagnia della mia ombra: ora mi muovo lentamente, ora eseguo movimenti bruschi come se volessi ingannarla; a tratti mi fermo, assumo pose plastiche, rimango immobile a contemplare le mie belle forme, poi riprendo scuotendo i lunghi capelli per simulare l'idea del vento; mi abbandono alla penombra in estasi, a tratti sorseggio qualcosa come premio al mio vagare, oppure mi soffermo ad accarezzarmi e mi osservo allo specchio.
Ammiro la mia silhouette sui muri, poi...
d'improvviso a quel senso di benessere subentra una strana sensazione: è come se la mia ombra si staccasse da me! Guardinga muovo lentamente un piede, l'ombra simmetricamente mi segue, poi di botto velocissima agito un braccio. Terrore! Il braccio dell'ombra sul muro non si muove, rimane lì come un'immagine rupestre, solo a tratti ubbidisce ai gesti; mi volto e inorridita scopro che nello specchio anche la mia immagine non è più riflessa, a riflettersi è ora l'ombra sul muro che sta movendo verso di me; altre ombre si animano, prendono consistenza, si avvicinano, mi avvolgono, provo una sorta di piacere saffico, mi mancano le forze, la vista mi si annebbia, sono sommersa da vapori che lentamente mi indeboliscono piacevolmente e mi sciolgono ma, anche se non so più dove ho gli occhi, conservo ancora la percezione del vedere: vedo l'immagine di me che si libera definitivamente e... mentre Ella esce verso il sentiero che conduce al bosco, io sono ormai colta da quella pace che induce l'eterno riposo.

Amedeo Gaggiolo