Nella
silenziosa casa di campagna, lei ebbe uno strano sentore non appena i loro sguardi si
incrociarono per la prima volta e gli occhi di lui, tondi e gialli alla luce opaca del
camino, non smisero un momento di fissarla. Le palpebre sbattevano se non di rado, e le
pupille, nere e dilatate, sembravano volerla inghiottire.
Lui penetrò nell'oscurità della stanza accanto, e ne uscì qualche secondo più tardi
con un attizzatoio stretto fra le mani. Sorrideva adesso, a proprio agio, osservandola
dall'alto del suo metro e ottanta, mentre le pupille sembravano espandersi ancor di più,
fino quasi divorare il bel giallo dell'iride. Si chinò sul camino e ne raschiò la
superficie colma di cenere, emettendo flebili sbuffi che alimentavano il crepitio del
fuoco che danzava dinanzi ai loro occhi.
La ragazza tremava.
Lui credeva fosse per il freddo, dopotutto la notte non era così calda, e dunque si
accostò un poco a lei, ed in meno di un minuto le accarezzava il seno con delicatezza,
senza smettere di sorridere, fremente d'impazienza, gli occhi sbarrati e lucidi
d'emozione.
La ragazza tremava ancora. E non per il freddo.
Lei si chinò lentamente e raccolse da terra l'attizzatoio ancora caldo come se avesse
intenzione di smuovere i ceppi ardenti.
Bastò una sola sferzata per farlo ruzzolare a terra, centrato proprio alla tempia. E poi
un'altra ancora per fargli perdere i sensi, alla nuca questa volta.
Dischiuse quelle palpebre sottili e ne scrutò l'occhio tondo e giallo, avvertendo a
quella vista la pelle accapponarsi.
La punta dell'attizzatoio era ancora incandescente quando penetrò dentro un'orbita e
ruotò su se stessa per svariate volte, mentre il rigagnolo vermiglio insozzava il bel
viso e tutto il corpo si contorceva preda del dolore. Un occhio e poi l'altro.
Fu così che la ragazza finalmente smise di tremare.