20.37: serata tranquilla. D'un tratto, uno squillo. Il telefono.
Rispondo con tono calmo, gentile.
"Telefono Amico, ciao".
Un singhiozzo, dall'altra parte. Una voce. Di donna.
"Vi prego, aiutatemi...".
Sta piangendo, forse una crisi isterica. Cerco di infonderle fiducia.
"Stia tranquilla...".
Un altro singhiozzo.
"No... non capisce...".
Uno scatto. La comunicazione è interrotta.
20.40: il telefono, di nuovo. E' la stessa voce, familiare.
"Polizia?".
Ancora in lacrime.
"No", le rispondo.
Chiude subito.
20.47: comincio ad essere nervoso. Afferro la cornetta al primo
squillo. Lei parla subito.
"Sto male...".
"Si calmi...".
"Mio... marito...".
Silenzio.
20.53: ancora il suono del telefono. Il mio tono è più agitato del
dovuto. Non la sto aiutando. Dice soltanto:
"E' morto...".
21.00: le forze mi abbandonano. Sudo, il cuore batte come un tamburo
nelle mie tempie. Sento il suono della vita che se ne va, dall'altra parte della cornetta.
Fa in tempo a darmi l'indirizzo. E' qui vicino. Dovrei avvertire la polizia, ma non c'è
tempo. Ogni minuto è prezioso. Corro, fino a perdere il respiro, l'indirizzo corrisponde
al palazzo dove vivo io. Forse mia moglie ha sentito qualcosa, forse sa chi è la
misteriosa inquilina che ha chiamato. Busso, urlando. Lei mi apre, assonnata, stretta
nella sua vestaglietta di lana. Stava dormendo, non sa nulla. Poi guarda al di sopra della
mia spalla ed impallidisce. Mi volto: una figura mascherata esce dall'appartamento
accanto. "Un ladro", penso per un attimo. E sento lo sparo. Un filo di fumo sale
dalla canna della pistola che l'uomo tiene in mano. Un acuto dolore al petto. Stramazzo
sul pavimento e nel silenzio sento soltanto i passi del malvivente che fugge. Mia moglie
urla, piange, si chiude nella stanza da letto, spaventata. La ascolto mentre solleva la
cornetta. Un singhiozzo, e la sua voce che dice:
"Vi prego, aiutatemi...".