New York 1966

Era una fredda mattina di inverno. I rami secchi degli alberi sembravano tanti coltelli pronti a colpire un cielo bianco come gli abiti delle spose. La colonnina di mercurio segnava meno dieci ed il laghetto ghiacciato come ogni mattina, avrebbe molto presto ospitato centinaia di pattinatori, dai dilettanti a quelli più esperti, mossi dalla voglia di divertirsi nonostante il vento gelido che stava iniziando a spirare.
Non aveva nevicato. Quell'inverno del 1966 non aveva visto nemmeno un fiocco ed il fenomeno era abbastanza strano.
La stradina che contornava il laghetto, ad un certo punto si diramava a destra, dove c'era un fitto boschetto. Un chilometro ed il viottolo si interrompeva per far spazio ad un piccolo cimitero ormai abbandonato. È da lì che nacque. Non era un fantasma, né uno zombie. Era un uomo. Antico custode dei segreti umani, delle paure più recondite, colui al quale il Diavolo aveva strappato quello che distingue gli uomini dai morti: l'anima.
La figura si aggirava per il cimitero, contornando il perimetro più e più volte; osservava la terra smossa per compiere quello che lui chiamava il pasto degli inferi. Nella sua mente degustava ancora una volta le carni putrescenti delle anime che erano state strappate dalla vita con una furia irrefrenabile. Immaginava i corpi delle vittime che presto avrebbero occupato di nuovo quei sepolcri.
Le urla e le risate iniziavano ad arrivare alle sue orecchie. L'oscura figura sorrise scoprendo una fila di denti aguzzi ed ingialliti dal tempo. Iniziò a percorrere il viottolo.
Dalle tenebre del boschetto affiorò il suo corpo, rigido come una statua, freddo come il ghiaccio. Vide un bambino piangere e non provò nulla. Come quando da bambino aveva rinchiuso i suoi genitori nella angusta cantina. Quando la riaprì, due mesi dopo, sentiva ancora le loro anime aggirarsi e gridare, pregandolo di farli uscire. Non si erano accorti di essere morti, ma lui fece vedere ai suoi genitori i loro corpi in decomposizione. Chiuse gli occhi e quando li riaprì, di scatto, vide le ombre dei dannati impossessarsi delle due povere anime. Il braccio fluttuante della madre gli chiedeva aiuto, ma lui, un bambino di sette anni, diede libero sfogo ad un riso demoniaco, isterico che riempì tutta la cantina e che fece da contrasto alle urla strazianti dei suoi genitori.

Si avvicinò al bambino, che lo guardò un po' impaurito:
- Chi sei?
- Ti porto da tua madre.
La frase gelida come la morte, fece lo stesso sorridere il bimbo che con gli occhioni blu ancora pieni di lacrime, gli porse la manina speranzosa. Mentre camminavano lungo il viottolo osservava i capelli biondi del bambino che fluttuavano come le onde del mare sotto una leggera brezza. Sentiva la madre che lo chiamava disperata; con voce sempre più ansiosa correva per il lago chiedendo ai passanti se avessero visto un bimbo poco più basso di un metro, biondo con gli occhi azzurri.
E lui sorrideva, sicuro che ormai quel piccino innocente era nelle sue mani.
Il cranio del piccolo si aprì dopo il primo urto con quella che sarebbe divenuta la sua lapide. I suoi occhi sbarrati e senza vita non avrebbero mai più incontrato quelli della madre. Sembrava un pupazzo in balia della furia omicida del maniaco, che, non soddisfatto, ancora inveiva sul povero corpo del piccolo. Lo lasciò lì, disteso nella lapide che aveva predisposto per lui. Il sangue colava dal marmo e finiva in terra, vicino al corpicino senza vita.
Mangiò le interiora del piccolo, e mentre portava a termine il suo scempio, vide il fantasma del bambino lì, appoggiato ad un albero, che lo osservava. Lui lo guardò con gli occhi di un folle. Una voce uscì dalla bocca del piccolo spettro:
- La mamma mi cercava!
E scomparve.
La polizia brancolò nel buio per settimane intere. Il poliziotto che trovò i resti del piccolo corpo vomitò per tre giorni. E gli omicidi si susseguirono anche i giorni successivi. Toccò ad una donna che venne trovata sempre nei pressi del cimitero con la parte inferiore della mascella strappata via, come fosse stato burro. Anche in questo caso il corpo era stato svuotato delle interiora e giaceva sotto una lapide svuotato come se fosse un sacco.
Fu poi la volta di un uomo sulla sessantina. Stessa prassi: questa volta però lo scheletro con tutta la spina dorsale era stato sfilato da tutto il resto del corpo. Le ossa componevano una frase rovesciata in latino: (l'Anticristo vi crocifiggerà!) il corpo dell'uomo (un fantoccio vuoto; sembrava una maschera teatrale) era attaccato ad un albero, con le braccia aperte, come un crocifisso. Gli angoli della bocca erano stati tirati e la "maschera" con le orbite svuotate emetteva un sorriso demoniaco.
Come si poteva sfilare il corpo di un uomo dallo scheletro a mani nude? Il sindaco ordinò di far scomparire quel cimitero maledetto e di bonificare tutta la zona. Le gru scavarono, dissotterrarono ogni cosa, ma quando si arrivò a togliere le lapidi, le anime di tutti i morti periti per mano del maniaco, vennero fuori. E fu l'Apocalisse.
Ai lavori erano presenti la polizia, il sindaco, i parenti delle vittime.
I morti parlavano:
- Lui tornerà! Lo ha detto a noi - dicevano.
- Aiutateci, il diavolo si è impossessato di noi.
- Dov'è la mamma, mi sta cercando?
- Venite, vi facciamo vedere come ci ha ucciso.
La moltitudine delle voci erano come echi provenienti dal profondo dell'inferno. La metà dei presenti impazzì, gli altri divennero vegetali. Non si seppe più nulla della vicenda. E il cimitero era ancora lì. Da dietro un albero, il ghigno satanico del pazzo senza anima sparì tra le ombre dei demoni.

Federico Izzo